Riecco i professionisti dei disordini in piazza: è scontro con la polizia

Cinquanta disoccupati bloccano il centro per dire no a ogni intervento. Gli agenti costretti a intervenire per tenerli a distanza dal premier

da Napoli
Mezz’ora prima che arrivasse il presidente Berlusconi, per incontrare a Palazzo Salerno il sottosegretario alla emergenza rifiuti, Guido Bertolaso (e poi, in Prefettura, le istituzioni locali), a Piazza Plebiscito, si sono fatti vedere i disoccupati organizzati. Un gruppo, dei tanti, che compongono la galassia della protesta permanente napoletana: i «Banchi nuovi», nome che deriva dalla strada dove questo movimento, nacque una ventina di anni fa. Non sono molti, una cinquantina al massimo ma, come la storia quotidiana di Napoli insegna, in grado di bloccare l’intera città per molte ore. Obbiettivo di questo gruppetto, «accogliere» il presidente del Consiglio a urla e striscioni. Gli stessi innalzati in altre occasioni, ad esempio durante le manifestazioni contro il progetto di allestire una discarica in grado di risolvere i problemi di Napoli, nella cava del Poligono di tiro, a Chiaiano.
I «Banchi nuovi» non sono riusciti a vedere Berlusconi perché, a colpi di spintoni, gli agenti del Reparto mobile, in assetto antisommossa, coordinati dai loro funzionari e dagli esperti poliziotti della Digos, li hanno relegati a trecento metri da Palazzo Salerno. Alcuni di loro, poco dopo, sono riusciti a superare alla chetichella il «filtro» dei poliziotti e sono andati ad arrampicarsi su una impalcatura allestita per un concerto che si terrà stasera in piazza Plebiscito. In cinque, hanno protestato da li, sono rimasti appollaiati sui tubi per un po’, poi sono stati prelevati dalla Digos, portati in Questura e denunciati. Dopo un’ora sono tornati a casa.
Un poliziotto, volendo sdrammatizzare le tensioni mattutine, ha definito questi «professionisti non a pagamento della protesta, uomini e donne buoni per tutti i tipi di manifestazioni». Dal lavoro che non c’è, alle lotte degli sfrattati che si rifugiano nelle chiese, alle discariche: i disoccupati sono sempre pronti a scendere in piazza. Proteste ovunque: impossibile prevenire le loro mosse. Il Duomo, le chiese più famose, musei, i binari dei treni, e naturalmente le strade principali. «Spesso va anche peggio – ricordano in Questura –. Quando decidono di colpire all’improvviso, compiono dei raid per dare fuoco ai cassonetti della spazzatura e ai bus pubblici, che costano un occhio della testa alla comunità».
«E se un giorno arrivasse il lavoro?» ha chiesto ieri un cronista a uno dei disoccupati organizzati. «Noi non andremo mai via dalle strade di Napoli – avverte un ultrà della protesta no limits –. Se un giorno dovessimo trovare un lavoro, continueremmo a scendere in piazza a favore degli altri disagiati». Eppure, per un poliziotto che da anni segue le vicende della protesta napoletana, «la cosiddetta piazza, per tanti è diventata un lavoro: un lavoro che si chiama attività politica».
Non è un caso, quindi, che da quando sono sorti i comitati «no discarica» e iniziate le proteste contro il termovalorizzatore di Acerra, l’attenzione della galassia dei senza lavoro si è spostata anche su questo fenomeno. Le scene, sempre le stesse: tensioni, a volte scontri con la polizia, come a Chiaiano, poco dopo che si seppe che l’allora premier Prodi aveva deciso di aprire una discarica nel quartiere.


Alcuni di questi gruppetti sono diventati, di questi tempi, oggetto di attenzioni da parte di qualche partito politico che vorrebbe recuperare consensi, dopo l’ultima batosta elettorale. Il riferimento va a Rifondazione comunista: l’aggancio con la «piazza», o almeno con i «Banchi nuovi», sarebbe già arrivato a buon fine.

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