Sì, no, sì. Nel calcio e in particolare nel calcio-mercato succede spesso. Così lo Sheva milanista di mercoledì scorso, allontanatosi da Milanello due giorni dopo, da ieri sera diventa un calciatore del Milan a tutti gli effetti. Con tanto di comunicato ufficiale del Chelsea, finalmente arresosi al pressing dell’ucraino e con le braccia aperte del presidente Silvio Berlusconi e del suo vice Adriano Galliani. «Riaccogliamo tra di noi l'attaccante che negli ultimi 50 anni ha segnato più di tutti», è la frase scelta dal vertice della società rossonera per abbracciare il figliol prodigo che torna a casa secondo modalità di contratto che restano segrete, almeno in apparenza: è la richiesta del club londinese preoccupato dall’eventuale brutta figura e soprattutto dal rischio di compromettere i rapporti con altri calciatori. L'epilogo della trattativa è il via libera a Shevchenko e al Milan che può accoglierlo in prestito con diritto di riscatto, senza l'obbligo perciò di confermarlo a titolo definitivo. Sheva dovrà guadagnarsi sul campo la riconferma. «Al nostro sentimento si aggiunge quello del tecnico Ancelotti e, crediamo, quello dei tifosi», la frase di Adriano Galliani. Ancelotti, ufficialmente, non fa una piega: Sheva non è una sua priorità, inutile negarlo, lui lo accoglie perchè così vuole il presidente Silvio Berlusconi. Spera che diventi una risorsa. I due anni infernali vissuti a Londra e nel Chelsea sono serviti per far pagare a Sheva il prezzo salato dell’errore commesso. Oggi si precipita a Milano, torna per far sapere che è finita la sua prigione dorata e che può rimettere piede in famiglia. Deve rientrare al volo in Ucraina per formalizzare la questione burocratica del suo ritorno in Italia: è cambiata la legge sul permesso di lavoro e anche lo status giuridico col quale verrà tesserato nel calcio italiano, da extra-comunitario nonostante ne sia uscito due anni prima da assimilato. Sono le stranezze dei regolamenti calcistici. Lunedì visite mediche, poi la presentazione.
Ci vorranno almeno un paio di mesi prima di riprendere il posto stabile in squadra, da due anni Shevchenko non gioca in modo stabile: «Non so nemmeno se sono ancora un calciatore - la sua frase simbolo -, ma non chiedo trattamenti speciali, sono pronto a mettermi in fila».Adesso bisognerà prendere nota delle ripercussioni: Paloschi parte e Borriello potrebbe seguirlo.
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