La «riforma» del calendario penalizza ancor più il trotto

Occorreva mettere fine alla anomalia (siamo già alla fine di maggio), del calendario delle «corse ad horas» e la montagna (Unire), al posto del topolino, ha partorito un brutto anatroccolo. Cercherò di spiegare il perché di questo atteggiamento critico, quale reazione ad un atto che mi sa tanto di presa per i fondelli. Anche se mi rendo perfettamente conto che governare l’Unire è impresa non facile, se non impossibile o inutile come ebbe a dire degli italiani un politico nel Novecento, mi pare Giolitti. Vi era una convergenza generale, condivisa da tutti, sulla necessità di una robusta riduzione delle giornate (attenzione: giornate) di corse e l’emanazione del calendario avrebbe dovuto suggellare questo indirizzo, da tutti ritenuto imprescindibile quale base per un rilancio del settore. Le giornate di corse apparentemente sono diminuite nella totalità trotto e galoppo, di 206 convegni, secondo le indicazioni del calendario emanato dall’Unire, ma le cose per effetto delle cosiddette Ma-Po non stanno così come sono rappresentate sulla carta. Ma-Po è l’acronimo di mattina/pomeriggio e sta chiaramente a significare che i convegni sono due e non uno come sono stati conteggiati, quindi alla riduzione fittizia dei 206 convegni vanno tolti i convegni doppi e siamo già alla riduzione effettiva di sole 42 giornate di corse. È sempre una sia pur minima indicazione di tendenza, anche se molto poco significativa per le reali necessità del settore, tanto più alla luce delle ingiustificate richieste dell’Unire di diminuzione della produzione da parte del trotto. Nello specifico, per quanto riguarda il trotto c’è da registrare un aumento di 10 giornate contro una riduzione di 52 giornate di corse al galoppo.
E qui si apre un’altra pagina dolente per il trotto, di grave e ulteriore squilibrio a favore del galoppo. La divisione del montepremi da parte dell’Unire, a disposizione delle due branche (trotto e galoppo, appunto) è fatta tradizionalmente (anche se ingiustamente visto il rapporto numerico di cavalli di 4 a 1 a favore del trotto), nella misura del 60% al trotto e 40% al galoppo, al netto delle somme prelevate per l’organizzazione delle corse Tris, considerate ovviamente, non come corse di selezione, ma quali eventi finalizzati alla sola raccolta del gioco. Alla stessa stregua per coerenza e logica amministrativa vanno considerate le cosiddette corse differenziate. Questo non succede, perché le somme necessarie per le differenziate vengono imputate ad ogni singola branca, creando una ingiustificata lesione delle legittime aspettative del trotto che, lo ricordiamo, produce il 70 per cento delle corse in Italia. Ed anche in questa ristrutturazione il trotto è ulteriormente penalizzato per effetto della riduzione dei convegni del galoppo rispetto a quelli del trotto.
Per fare un esempio concreto, il trotto ha in carico per le differenziate circa 12 milioni di euro sottratti al montepremi ordinario e il galoppo soltanto 2 milioni, però gli introiti derivanti dalle corse differenziate vanno a confluire sulle somme totali a montepremi, successivamente divisi come sopra.


Una evidente ingiustizia, non giustificabile sotto il profilo amministrativo, sulla quale prima o poi l’Associazione degli allevatori trotto e magari anche i proprietari, dovranno farsi carico di tutelare i propri associati in tutte le sedi consentite, non esclusa la giustizia amministrativa.
*consigliere dell’Anact (Associazione nazionale allevatori del cavallo trottatore)

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