Riforma elettorale il Colle rimescola le carte di Walter

Prodi plaude alle esortazioni del capo dello Stato al dialogo sulle riforme e assicura che «ci impegneremo al massimo perché si creino le condizioni favorevoli». Il che da una parte può suonare come un via libera all’operazione tentata da Veltroni sulla riforma elettorale. Ma dall’altra è anche un avvertimento al medesimo leader del Pd: il governo non ha intenzione di stare alla finestra.
Consapevole che, alla ripresa dei lavori parlamentari, Veltroni è intenzionato a tentare un’accelerazione sulla legge elettorale (non a caso il presidente della commissione del Senato che la ha in agenda, Enzo Bianco, dice che ci vuole «subito un testo base»), il premier fa capire che il suo governo non vuole essere la vittima sacrificale di un dialogo che rischia di penalizzare i partiti minori e far saltare la coalizione. Lo spiega con chiarezza il ministro ds Chiti, schierato con il premier: «Se crolla il quadro politico (leggi il governo, ndr) prevarranno i due partiti maggiori». Che imporranno non quel sistema tedesco che piace a Chiti (e ad altri maggiorenti Pd, a cominciare da D’Alema), ma «un sistema spagnolo che creerebbe grandi frizioni tra le forze politiche». Mentre invece la durata e il rilancio dell’esecutivo convengono anche a Veltroni, spiega Prodi, perché «questo governo è in grado di produrre un risultato favorevole alla competitività del Pd», afferma, aggiungendo che su questo «D’Alema è perfettamente d’accordo». Insomma, Veltroni ci pensi bene a creare fibrillazioni pericolose nella maggioranza, che mettono a rischio il governo, perché ne pagherebbe il prezzo nelle urne.
Resta da superare la difficile verifica di gennaio, ma Prodi è convinto di potersi blindare a sinistra lanciando la «nuova concertazione» sui salari e sfida senza gran timori Dini: «Voglio vedere se e come potrà dire di no». E sul Senato è deciso a tentare il blitz sugli otto seggi contestati, che gli darebbe tre voti in più di margine.

Nella convinzione, spiega un dirigente vicino al premier, che «a scrutinio segreto, la parte anti-berlusconiana dell’opposizione potrebbe darci un po’ di voti per farlo passare». Anche se prima bisogna assicurarsi che «il centrosinistra voti compatto, è non è facile».

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