La riforma federale: stop ai cattivi amministratori. Ineleggibile chi finisce in rosso

Palazzo Chigi approva il ddl che garantisce autonomia agli enti locali. Imposte sull’auto, nessun accorpamento

La riforma federale: stop ai cattivi amministratori. Ineleggibile chi finisce in rosso

Roma - Autonomia impositiva garantita. Ma nessuna tassa in più, figuriamoci una nuova Ici. Stop all’era dei cattivi (amministratori). Efficienza e solidarietà, insieme. E sarà il Parlamento ad azionare lo starter. Il federalismo fiscale muove i primi passi. Come previsto, infatti, dal Consiglio dei ministri arriva il «sì» preliminare. E il pugno chiuso di Umberto Bossi, all’uscita da palazzo Chigi, è l’immagine «cult» della giornata.

La Lega porta a casa l’agognato «trofeo», il Pdl firma la comproprietà del titolo, Silvio Berlusconi apprezza l’unità della squadra. Roberto Calderoli (Lega), Raffaele Fitto (Fi), Andrea Ronchi (An). I tre ministri di riferimento spiegano i punti chiave dello schema di disegno di legge (19 pagine, 8 capitoli, 22 articoli), che in serata viene pure diffuso dal sito Internet istituzionale del Senatùr. Il principale - le tasse non aumentano - spetta all’esponente del Carroccio: «Il governo ha preso questa decisione». Anzi, «io stesso - rimarca - ho convinto gli altri sul fatto che non ci sarà nessuna tassa». Come dire, strumentali le polemiche sulla “service tax”, e sull’intenzione nascosta di voler reintrodurre l’Ici.

Niente da fare pure per il «balzello» unico provinciale. E allora, come si svilupperà l’autonomia impositiva degli enti locali? Attraverso compartecipazioni ad alcuni tributi erariali, addizionali o altre imposte di cui verrà modificata la destinazione. Quali sono? «Prima quantifichiamo le spese per le competenze, poi ci regoleremo di conseguenza», spiega Calderoli. Sarà sempre possibile, invece, introdurre «tasse di scopo» finalizzate a «funzioni in più rispetto alle essenziali».

I principi generali sono rimasti identici. Perequazione statale, grazie a un fondo alimentato dalle Regioni con «maggiore capacità contributiva», per non svantaggiare chi è in difficoltà. Razionalizzazione delle spese, con l’introduzione del costo standard (sarà la Lombardia a far da riferimento iniziale). Valorizzazione dei virtuosi. Di coloro che garantiscono servizi efficienti ai cittadini. Anche perché, e questa è una novità, tra le sanzioni previste vi è l’incandidabilità, al Comune come in Parlamento (Regione esclusa), di «chi sarà responsabile del dissesto dell’ente amministrato». E poi. Attenzione alle città metropolitane, un occhio di riguardo a «Roma capitale».

Sui tempi d’approvazione del ddl, intanto, inevitabile un leggero slittamento. I rappresentanti delle Regioni, infatti, contestano il «metodo» seguito dal governo, che non li avrebbe consultati prima di portare ieri il testo in Cdm. «C’è già stato un ampio confronto, ma ci sono ancora i margini per accogliere i suggerimenti delle Regioni», replica Fitto. In ogni caso, si dovranno svolgere due Conferenze unificate (18 e 25 settembre) prima di ritornare a palazzo Chigi per il via libera definitivo. Sull’entrata a regime del federalismo, invece, Calderoli non fa previsioni. «Nel testo - spiega - ho mantenuto il termine sostenibilità, perché, in ogni caso, indipendentemente da qualunque anno indicato, decide il Parlamento». Il governo, intanto, si è preso più tempo: per dare attuazione ai decreti legislativi, una volta che il ddl sarà in vigore, avrà a disposizione due anni e non più sei mesi, come previsto inizialmente.

L’associazione dei Comuni, dal canto suo, giudica il testo «un passo indietro» dato che, spiega il presidente Leonardo Domenici, «pare che la linea di questo governo sia quella di tornare ad un sistema di finanza derivata, accompagnato da nuove forme di centralismo statale e regionale». Apprezzamento per il metodo collaborativo adottato da Calderoli, ma giudizio sospeso nel merito: questa la posizione espressa invece dall’Upi e dai presidenti delle Province. Molto critici Pd e Idv: si prospetta un «brutto federalismo, che non risolve i problemi dell’Italia».

Di tutt’altro tenore il giudizio del premier, che anche in Cdm elogia la squadra di governo.

«Stiamo lavorando bene, come dimostrano anche i sondaggi, che ci danno un consenso molto, con un distacco di venti punti rispetto all’opposizione», rimarca un soddisfatto Berlusconi. Che aggiunge: «Abbiamo lavorato bene, siamo uniti. Andiamo avanti così».

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