«Dopo il rimpatrio agli scudati ci pensiamo noi»

Adesso tocca a loro, ai professionisti capaci di coniugare la gestione di patrimoni con la consulenza mirata. Gente, per usare una metafora calcistica, più vicina a un centrocampista dai piedi buoni, piuttosto che al trequartista geniale che in giornate di luna storta può rovinare una squadra. Andrea Cingoli è l’ad e l’uomo assist di Banca Esperia, la private bank nata da una costola di Mediobanca e da una di Mediolanum. Laurea alla Bocconi, 48 anni, un passato in Banca Lombarda e poi in Ubs Italia, dove era il numero uno prima di essere attratto da Banca Esperia, Cingoli ha un’aria rilassata nonostante il periodo di super lavoro indotto dallo scudo fiscale tremontiano.
Dottor Cingoli, sembra soddisfatto: merito dei capitali affluiti in Banca Esperia grazie alla sanatoria fiscale?
«Lo scudo è stato un successo, senza dubbio. Gli ultimi dati, che risalgono a martedì sera, indicano un afflusso pari a 1,5 miliardi di euro, il doppio rispetto agli scudi precedenti e circa il 15% rispetto all’intera massa amministrata che a fine anno sarà superiore agli 11 miliardi. Nel 2010 puntiamo a una crescita del 20 per cento».
Qual è l’identikit del cliente «scudato» che si è rivolto a voi?
«Il capitale va prevalentemente dai 3 milioni in su. Cifre coerenti con il posizionamento dell’istituto, una boutique finanziaria rivolta ai patrimoni di fascia alta. Sottolineo inoltre che per lo più si tratta di nuova clientela, segno che Banca Esperia è stata identificata come il miglior approdo per i capitali rimpatriati».
Le stime indicano rientri superiori ai 100 miliardi. Che cosa ha determinato il buon esito dell’operazione?
«Diversi fattori. Dalla mutata situazione nazionale e internazionale, ovvero dalla percezione che i paradisi fiscali inviolabili non esistono più, ai timori di sanzioni pesanti. Infine, l’aliquota del 5%, relativamente favorevole».
È possibile che qualche banca, pur di non perdere il cliente, abbia offerto di pagare la penale prevista?
«No, non credo. Qualche istituto può aver proposto di anticipare il pagamento dell’imposta in cambio del congelamento del capitale per 3-5 anni».
E Banca Esperia come si è comportata?
«Niente portafogli bloccati, massima libertà nella scelta degli investimenti e, soprattutto, focus sul dopo-scudo».
In che senso?
«Questi capitali sono stati protetti per 40 anni, senza una cura particolare della governance patrimoniale. Cosa succede ora che sono esposti? C’è il rischio di una dispersione del patrimonio correlata alla maggiore fragilità della famiglia? Rispetto a una banca tradizionale, una banca come la nostra deve svolgere il ruolo di guida organizzativa».
Come?
«Per esempio, proponendo un trust, strumento verso il quale gli italiani sono sempre meno scettici anche se non fa parte del nostro dna imprenditoriale. Oppure altre strutture come fiduciarie o sicav per ottimizzare la gestione dei capitali».
Quali sono le basi per gestire un portafoglio importante?
«Data la volatilità dei mercati, è fondamentale un approccio conservativo e qualitativo al tempo stesso. Insomma, le vecchie regole: puntare su titoli liquidi e su aziende che esprimono un valore, non un business plan».


Non c’è il rischio che solo una quota minima di questi capitali rientri nel ciclo economico?
«Per qualche mese questi capitali saranno protetti dall’anonimato. Poi, dipenderà dalla predisposizione all’investimento dell’imprenditore».

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