Ris, quando la scienza è nemica del crimine

IL RUOLO Esaminano i reperti inviati dalla polizia giudiziaria per cercare indizi utili

Ris, quando la scienza è nemica del crimine

Un sorriso non si nega a nessuno. Lo sa bene Luigi Ripani, comandante dei Ris di Roma. Se non usasse anche l’arma dell’ironia per tenere a bada i suoi 130 uomini, tutti esperti delle principali branche delle scienze forensi, sai che pesantezza le giornate. «Ho a che fare con persone responsabili e dotate di grande maturità ed esperienza con le quali ho un buon rapporto che spesso non rimane confinato al solo ambito lavorativo: quando c’è da sorridere si sorride - ci confessa il colonnello del reparto investigazioni scientifiche dei carabinieri, 53 anni, sprofondato nella poltrona del suo studio al terzo piano della Caserma Salvo D’Acquisto, in via Tor di Quinto, quartier generale dei Ris - Rimaniamo una struttura militare con la sua gerarchia, ma occupandosi ognuno di un settore specifico, è necessario stabilire un confronto equilibrato, dialettico e collaborativo, finalizzato all’ottenimento del risultato migliore». Osservandola in lontananza, la sede degli investigatori scientifici dei carabinieri, ha tutta l’imponenza di un casermone che affoga nei suoi colori bianco e rosso. Ogni sezione tematica del Ris di Roma - Chimica, Biologia, Balistica, Dattiloscopia, Grafica, Fonica-Audiovideo - è costituita mediamente da 15-20 persone che utilizzano strumenti sofisticatissimi come il gas cromatografo con spettrometro di massa per l’analisi delle sostanze stupefacenti e degli esplosivi ed il sequenziatore per il Dna. Il territorio di competenza abbraccia tutte le regioni centro-meridionali, dalla Toscana alla Campania, mentre le altre tre sedi dei Ris - Parma, Messina e Cagliari - coprono il resto della Penisola. Tra i 6 e i 7mila i fascicoli di reato aperti ogni anno, che spaziano da reati «leggeri» come il furto o il danneggiamento a quelli decisamente più «corposi» e che mettono in allarme l’opinione pubblica, come l’omicidio e la strage. Però, pur essendo a contatto quotidiano con i crimini più efferati, anche i Ris hanno un cuore: «È difficile fare l’abitudine ai fatti più violenti, soprattutto quando investono donne e bambini - ammette il colonnello Ripani - Siamo un po’ come i medici. Cioè, nel momento in cui vediamo un reperto, abbiamo gli stessi sentimenti di una persona normalissima. Ma subito dopo, come se avessimo a che fare con una metamorfosi, ci concentriamo su come svolgere l’accertamento nel miglior modo possibile». Un’opera quella dei Ris sufficientemente complessa e che richiede un alto grado di specializzazione. «Trattiamo richieste di accertamenti tecnici da parte della polizia giudiziaria o, su delega, dell’autorità giudiziaria, che vanno dall’esame della sostanza stupefacente e dei residui dello sparo alla traccia biologica o dell’impronta digitale. In casi eccezionali interveniamo direttamente sulla scena del crimine». In sostanza, il reparto investigazioni scientifiche dei carabinieri certifica che, per esempio, una determinata impronta appartiene ad un soggetto specifico ma poi sarà sempre compito dell’Arma che opera sul territorio contestualizzare l’impronta e collegarla o meno all’evento in questione. Tanto è vero che spesso i Ris non sono a conoscenza neppure della storia che c’è dietro un caso.

«Non sempre abbiamo la percezione di quello che è effettivamente successo - sottolinea Luigi Ripani - E questo perché il reperto ci viene trasmesso e noi ci limitiamo ad esaminarlo al fine di ottenere, con la massima obiettività e serenità d’animo, risultati scientificamente attendibili, in grado di passare al vaglio dell’aula di giustizia».

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