Roma -
Linea dura della Cassazione nei confronti
di chi fugge da un posto di blocco: rischia il carcere, per
resistenza a pubblico ufficiale, chi non si è fermato con il
motorino o con l’auto all’alt dei Carabinieri scappando a tutta
velocità. È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con
la sentenza 35826 depositata oggi, ha accolto il ricorso della
Procura di Palermo presentato contro il non luogo a procedere
(perché il fatto non sussiste) disposto dal Tribunale siciliano
nei confronti di un ragazzo che era scappato a tutta velocità per
le vie del centro cittadino per eludere il controllo dei
Carabinieri.
Ora rischia una condanna per resistenza a pubblico ufficiale (la
reclusione può andare da sei mesi a cinque anni).
Sarà il Tribunale di Palermo a decidere il da farsi. Infatti la
sesta sezione penale ha rimesso gli atti ai colleghi palermitani
ricordando loro che «ad integrare l’elemento materiale del
delitto di resistenza a pubblico ufficiale è sufficiente la
violenza o la minaccia cosiddetta impropria, che può essere
esercitata anche su persona diversa dal pubblico ufficiale
operante o sulle cose e che comprende, nella sua lata accezione,
ogni comportamento idoneo ad impedire, ad ostacolare
l’eslipacazione della pubblica funzione, giacché anche in tal
caso sussiste, sotto il profilo psicologico la volontà di opporre
una forza di resistenza positiva».
Non solo.
«Con particolare riferimento alla fuga - spiega ancora
il collegio di legittimità -, è vero che questa considerata in
astratto, può non trascendere i limiti del comportamento passivo
e quindi non integrare il delitto di resistenza.
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