Di regola il giovedì sera è dedicato, televisivamente, allacredine violenta e astuta di Michele Santoro. È toccato a un clown geniale, Roberto Benigni, di offrire almeno per una volta, agli italiani, una via di fuga da Ruby e da Travaglio. Benigni ha celebrato alla sua maniera il Risorgimento e i centocinquantanni dellUnità. Soprattutto ci ha riconsegnato - cantandolo piano, con intensità struggente - linno di Mameli. Il pubblico si è commosso. Si è (...)
(...) capito che ne aveva bisogno. Sè avuta la riabilitazione dun inno preso di mira sia per la musica - ritenuta mediocre, e la è - sia per le parole che si addicevano alla temperie risorgimentale: ma che a molti sembrano anacronistiche, soprattutto se le scandiscono i giocatori della nazionale di calcio.
Il Paese, confessiamolo, non sè mai veramente affezionato alla melodia che scandiva e scandisce le sue celebrazioni. Tanti insistevano nel considerare lInno di Mameli un qualcosa di provvisorio, di posticcio, di superato e inadeguato. Infatti Fratelli dItalia non ha mai avuto il crisma dun solenne e incondizionato riconoscimento formale. Un consiglio dei ministri del 2 ottobre 1946 acconsentì, in mancanza di meglio, alla sua utilizzazione, ma con insistenza si levavano voci in favore della Canzone del Piave o del verdiano Va pensiero. Non hanno avuto realizzazione le proposte di dare allinno dignità costituzionale inserendolo nella Magna Charta repubblicana con un apposito comma.
Altri macigni sono stati posti sul percorso dellinno ad opera della Lega che, in coerenza con il suo perenne broncio verso i valori della tradizione nazionale, preferiva lesecuzione di inni locali. Una proposta - che ritengo non sia mai diventata legge - vorrebbe imporre che prima degli inni locali vi fosse, obbligatoriamente, Fratelli dItalia. Insomma il povero Inno di Mameli è sì sopravvissuto, ma da figliastro più che da figlio amato della Repubblica, se non addirittura da intruso.
Lora della riscossa è finalmente arrivata, e dobbiamo dirne grazie a Benigni. Non è il caso dilludersi, le note di Fratelli dItalia rimangono musicalmente modeste e i versi retoricamente antiquati. Altri inni sono più belli, ne siamo consapevoli. Ma gli inni sono come i figli, quello nostro deve - o dovrebbe - piacerci di più.
La consacrazione di Sanremo - vedete dove va a rintanarsi talvolta il patriottismo - sembra avere dimostrato due cose importanti. La prima è che Fratelli dItalia, con tutti i suoi difetti, è veramente insostituibile e definitivo come inno nazionale. La seconda è che la gente aveva bisogno di ascoltare e di vedere riabilitato quel canto che ci accompagna da tempo, e che continuerà, con elmo di Scipio e tutto il resto, ad accompagnarci ancora.
Gli italiani - la brava gente italiana - sono migliori di come noi stessi amiamo dipingerci, con una sorta di voluttà autoflagellatoria. Nel cuore profondo del Paese - e le trasmissioni televisive nazionalpopolari sono un ottimo strumento per coglierne i battiti - cè ancora molto posto per i buoni sentimenti, per gli slanci solidali, i sentimenti patriottici, per le emozioni generate da un clown di talento. Tutti o quasi abbiamo avuto negli ultimi tempi il torto di consentire che fosse affidato a Ruby il rango di testimonial dellItalia.
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