Rispettare i vivi

Ugo Pecchioli, ex storico «ministro ombra» del Pci, è morto esattamente dieci anni fa. Ieri i senatori dell'Ulivo l'hanno celebrato con toni comprensibilmente retorici ma che purtroppo non hanno aggiunto una parola circa un certo passato suo e nostro. Si è parlato del «fratello maggiore», di «un coraggio fisico davvero eccezionale», di lui che «insegnò al Pci il senso dello Stato», parole di chi gli ha voluto bene. Ma dieci anni sono tanti, e ci sono domande che attendono risposta. Giancarlo Lehner, nel 1993, venne in possesso di un verbale del Pcus poi reso noto dall'Ansa di Mosca; era il protocollo 25/S/187 del 30 gennaio 1976: «Il compagno Ugo Pecchioli ha rivolto al CC del Pcus la richiesta di assistenza al Pci per l’addestramento di istruttori, radiotelegrafisti, esperti di tecniche di partito, di realizzazione di rifugi segreti, di individuazione di microspie, e ha rivolto richiesta di aiuto anche per la fabbricazione di documenti italiani in bianco, da utilizzare sia all’interno che all’estero».
La notizia apparve clamorosa anche perché Pecchioli era stato eletto presidente della Commissione di controllo dei servizi segreti.

La Dc ne chiese le dimissioni, ma poi esplose il caso Scalfaro-Sisde e la richiesta fu ritirata per giochi di scambio. Da allora, silenzio. Francesco Bigazzi in seguito scoprì che a occuparsi di Gladio Rossa, prima di Pecchioli, era stato Armando Cossutta. Silenzio anche su questo. E Cossutta è vivo.

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