Rispunta un concerto scomparso di Vivaldi: «È originale»

Dagli anditi oscuri degli archivi scozzesi giunge la notizia del ritrovamento di un perduto concerto per flauto e orchestra di Antonio Vivaldi. La popolarità di Vivaldi è un crescendo inarrestabile, come testimonia l’interesse non solo per le opere strumentali, ma per i melodrammi e la musica sacra (dopo l’apertura di quel forziere di gemme autografe che è il fondo Foà-Giordano di Torino). Si smentisce così nel modo più reciso la celeberrima battuta di Igor Stravinskij che il Veneziano avesse riscritto cinquecento volte lo stesso concerto (i concerti allo stato attuale delle conoscenze sono solo un po’ più di quattrocento). Stravinskij che era senza dubbio anche lui un genio, non aveva quello che si dice un bel carattere. Infastidito dall’attenzione e dall’entusiasmo, a suo modo eccessivo, che il Novecento andava tributando al Prete Rosso, la sparò grossa, soprattutto vista la posizione assunta dal Nostro nel Parnaso dei musicisti più grandi. Noi ammiratori, più sommessamente, non possiamo e non dobbiamo dimenticare che dietro la diffusione mondiale della musica di Vivaldi ci furono l’apostolato di due colleghi italiani di Stravinskij: Alfredo Casella e Gianfrancesco Malipiero. Il primo ideatore e anima, fin dal 1939, delle manifestazioni vivaldiane presso l’Accademia Chigiana di Siena; il secondo estroso biografo e direttore dell’Istituto Antonio Vivaldi di Venezia che ha pubblicato e quindi reso fruibile più di cinquecento fascicoli presso l’editore Ricordi. Il ritrovamento della copia manoscritta del concerto denominato Gran Mogol - medesimo titolo di un altro famoso concerto vivaldiano per violino - risale all’anno passato. Lo scopritore, Andrew Woolley, ha compiuto una trascrizione integrando la mancante parte dei violini secondi, e poi inviandola ad un gruppo di insigni studiosi. Abbiamo contattato Cesare Fertonani, esperto vivaldiano fra i maggiori e membro del comitato per l’Edizione nazionale delle Opere di Antonio Vivaldi (presso la Fondazione Giorgio Cini di Venezia), benemerita impresa che prosegue il lavoro di Malipiero, pubblicando preziosi inediti che vanno aumentando il già sterminato catalogo. Egli ha visionato la trascrizione di Wooley, confermando trattarsi di un’opera sicuramente di Vivaldi, di cui esisteva soltanto una traccia sotto forma di citazione in un catalogo settecentesco. Come sia giunta a Edimburgo non è certo. Il Wooley ha congetturato il tramite possibile di un aristocratico flautomane, Lord Robert Kerr, che come accadeva portavano in patria i ricordi dei grans tours musicali, di cui la Venezia di Vivaldi era tappa imprescindibile.

Ora con buona pace di Stravinskij cresce il desiderio di ascoltare il concerto ritrovato. Non sarà certo difficile visto il proliferare di ensembles strumentali e di festival barocchi che animano l’Europa almeno in questo frangente comunitaria, vorremmo dire unita.

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