Riti preconciliari, scomuniche e incomprensioni

Il dialogo è iniziato durante il Giubileo del 2000. Ma un gruppo di oltranzisti vuole remare contro

Riti preconciliari, scomuniche e incomprensioni

da Roma

Marcel Lefebvre, vescovo in terra di missione, partecipa al Concilio e vota sì a tutti i suoi documenti, tranne a quello sulla libertà religiosa. L’attuazione della riforma liturgica fa crescere la sua opposizione e la sua difesa del vecchio rito di San Pio V. Il suo rapporto con Paolo VI diventa difficile e nell’ottobre 1976 il prelato viene sospeso a divinis.
Ma è durante il pontificato di Giovanni Paolo II, che Lefebvre, a un passo dall’accordo con la Santa Sede, il 30 giugno 1988 decide di consacrare quattro nuovi vescovi e viene scomunicato. Il 2 luglio Papa Wojtyla crea la commissione «Ecclesia Dei» per favorire il rientro dei tradizionalisti che intendono rimanere in comunione con Roma. Lefebvre muore nel 1991. Nove anni dopo, in occasione del grande Giubileo, i lefebvriani fanno un pellegrinaggio nella capitale e pregano in San Pietro e nelle altre basiliche romane. Monsignor Fellay, superiore della Fraternità, in un’intrevista al mensile 30Giorni si dice disponibile a riallacciare il dialogo: il Papa legge e dà mandato al cardinale Castrillón di incontrare i lefebvriani. Il 30 dicembre 2000 monsignor Felley saluta velocemente Papa Wojtyla nell’appartamento del palazzo apostolico. C’è uno scambio di lettere anche tra Fellay e Ratzinger. La trattativa, però, va avanzi a rilento. Si risolve invece in fretta il caso del Brasile, dove una consistente comunità lefebvriana chiede e ottiene di rientrare nella comunione con Roma. Con l’elezione di Ratzinger, arriva sul Soglio di Pietro uno dei cardinali che in questi anni si è mostrato più sensibile alle istanze dei tradizionalisti, soprattutto di quelli in comunione con Roma che faticano a vedersi riconosciuta la possibilità di seguire il vecchio rito.


La maggior parte dei fedeli e del clero della Fraternità soffre per la separazione da Roma. Ma c’è un’ala più radicale, guidata dal vescovo Williamson, che si oppone all’accordo. Non è un caso che sia stato lui a far circolare la notizia dell’udienza con Ratzinger, che doveva rimanere segreta fino a lunedì.

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