Ritorna Aretha. Con Liza e Condoleeza

La Franklin annunacia un cd dopo sette anni e tre show con la Rice, ex segretario di Stato americano: "Lei è una pianista esperta, io canterò arie liriche". E negli States impazza lo spot tv girato con la Minelli

Ritorna Aretha. Con Liza e Condoleeza

Milano - Insomma, s’è decisa. Basta, fuori dalla tana. Aretha Franklin d’altronde ha sempre fatto di testa sua e, adesso che ritorna sulla scena, lo fa come vuole: in grande stile. Un mega spot tv, concerti da ricordare, progetti importanti. E, soprattutto, un disco nuovo, per forza, perché in fondo è considerata la cantante più importante della storia (lo conferma Rolling Stone, mica bruscolini) e senza dubbio è quella con la voce più potente, colorata, flessuosa, roba da quattro ottave. Per dire, la chiamano Lady Soul e ogni tre per due i suoi brani come Think o Respect sono in radio o nelle colonne sonore degli spot. Ha vinto talmente tanti Grammy Awards, che sono l’Oscar del pop, che dal 1968 al 1975 li hanno soprannominati The Aretha Awards: sette di seguito, venti in tutto.

Chi ama il cinema se la ricorda nei due film sui Blues Brothers e anche chi pensa di non averla mai ascoltata, in realtà in qualche modo l’ha fatto perché tutte le più grandi cantanti degli ultimi anni, da Mary J Blige e Beyoncé fino a Giorgia, si sono clamorosamente ispirate a lei. Comunque, il suo ultimo album, So damn happy, è uscito sette anni fa ma non se lo ricorda nessuno: era così così, anche se pochi hanno avuto il coraggio di dirlo perché, dopotutto, noblesse oblige. Quello nuovo, ha detto lei al settimanale americano Billboard, si intitola A woman falling out of love e parla di «un rapporto d’amore che non è finito come mi sarei immaginata». Già questo è un successo: non l’amore, ma il fatto che ne abbia parlato. Aretha Franklin ha appena compiuto 68 anni, è nata nello stesso giorno di Mina (il 25 marzo) e, come lei, ha sempre pensato che i giornalisti o si leggono o si evitano e comunque è meglio non parlarci. Quando lo fa, è stenografica del tipo: «Ho tenuto tanti concerti, ho scritto un po’ e mi sono dedicata a varie altre cose».

Ecco fatto, così ha riassunto tre anni di vita. In realtà, finito il contratto con la Arista, ha creato una sua etichetta (la Aretha’s Records, ancora senza distribuzione in Europa), ha cantato alla Casa Bianca per l’insediamento di Obama (naturalmente lamentandosi: «Faceva freddo, non sono soddisfatta della mia interpretazione»), ha fatto qualche concerto a portata di treno: lei vive a Detroit, ha paura degli aerei e quindi si sposta solo sui binari. A Billboard ha peraltro detto che sta per vincere la ormai celebre paura del decollo e che presto farà un breve volo, «probabilmente fino a Chicago o a Cleveland», così «questa estate» potrà tornare qui da noi dopo oltre quarant’anni. Ma non credeteci: lo dice ogni volta. Come Elvis, come tante altre superstar, Aretha Franklin è rigorosamente americocentrica e arriva in Europa per osmosi, assorbita dal web, dal passaparola, dalla straordinaria fama che l’accompagna purchessia. Intanto lei è inarrestabile da quando a tredici anni rimase incinta, lei una nera figlia di un famoso predicatore battista, e decise di tenerselo, il figlio, alla faccia di un ambiente che nel 1955 sfoggiava ancora con orgoglio il Ku Klux Klan. È diventata l’eroina delle femministe grazie a Respect, ha ispirato o almeno accompagnato Malcolm X e Martin Luther King e Langston Hughes, e non si è fatta mancare neanche qualche quisquilia gossipara, come il famoso litigio del 1969 in un ristorante romano con Ted White, suo marito ancora per poco. Però sempre zitta: mai dir nulla ai giornali. Difatti, persino nella sua autobiografia From these roots, scritta nel 1998 con il grande David Ritz, preferisce parlare di ricette di cucina piuttosto che della vita privata.

Perciò adesso è una novità se lei in quattro e quattr’otto appare in tv con Liza Minnelli (solo negli States) nello spot delle merendine Snickers e lo fa con il piglio inedito dell’ironia, quasi scherzando sulle sue dimensioni da Botero. Per non farsi mancare nulla, nell’intervista a Billboard annuncia anche che inciderà un album di arie liriche: «Io gravito intorno alle melodie di Puccini e mi piace molto Mozart». Quando, nel 1998, fu obbligata in fretta e furia a sostituire alla cerimonia dei Grammy un Pavarotti ammalato, improvvisò un Nessun dorma in tonalità originale, cantando la prima strofa in italiano. Per farla breve, è considerata una delle più grandi esibizioni di sempre. Sarà per questo che lei questa estate terrà tre concerti di beneficienza con l’ex segretario di stato americano Condoleezza Rice. Spieghiamo bene: Aretha alla voce, Condi al piano, repertorio lirico, platea in smoking. Sarà, come spiega testualmente la signora del soul, «a bipartisan effort», uno sforzo bilaterale, mica una pagliacciata qualsiasi.

In fondo non c’è neanche bisogno di dirlo: Aretha Franklin, quella signora che tutti considerano la più grande, ha sempre dissipato il suo talento scegliendo abiti orribili e fobie assurde, ma la voce, quella, è rimasta lassù, dove tutti la ascoltano chiedendosi com’è possibile che tanta potenza diventi musica.

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