Rivoluzione culturale che parte dal cibo Il ruolo pionieristico di «Slow food»

Rivoluzione culturale che parte dal cibo Il ruolo pionieristico di «Slow food»

Il mondo dell'enogastronomia non può prescindere da chi lavora la terra, da chi trasforma ogni giorno la natura in cultura. Alla promozione di questo nuovo paradigma alimentare, si consacra da anni l'impegno di Slow Food, l'associazione fondata da Carlo Petrini nel 1986 con l'obiettivo di promuovere l'interesse legato al cibo come portatore di piacere, cultura, tradizioni, identità e uno stile di vita, oltre che alimentare, rispettoso dei territori e delle tradizioni locali. Anche quest'anno, Slow Food sarà protagonista al Salone internazionale del Gusto di Torino. «Non è il mercato a stabilire ciò che mangiamo - spiega Roberto Burdese, presidente di Slow Food Italia - ma una scelta di gusto, dettata dal progressivo avvicinamento del consumatore al mondo della produzione». «Cibi che cambiano il mondo» è lo slogan che celebrerà il sodalizio tra Salone e Terra Madre in questa edizione della kermesse torinese, che ospiterà anche il sesto congresso mondiale del movimento fondato da Carlo Petrini. Proprio il patron di Slow Food, in un intervento a Bruxelles della scorsa primavera, ha invocato la riscoperta della «sovranità alimentare», rigettando la visione settoriale del tema agricolo. «Noi abbiamo cominciato a elaborare riflessioni sulla sovranità alimentare già prima dell'avvento della crisi - ricorda Burdese -. La necessità di sviluppare nuove visioni ci giungeva da un modello economico senza prospettive di lungo termine come quello in cui abbiamo vissuto negli ultimi 50 anni».
Una visione che consegna nuovamente la centralità al cibo che, in fondo, come ricorda il presidente di Slow Fodd Italia, «accomuna la vita di tutti noi, tre volte al giorno». In base alle scelte alimentari che compiamo, si determinano la qualità dell'ambiente, della nostra salute e delle nostre comunità. «Cambiando il nostro approccio al cibo s'innescano una serie di meccanismi che attraverso, ad esempio, il consumo di produzioni locali di stagione, consentono di fare piccole economie molto utili in questo periodo». Educare a una buona e sana alimentazione è tra gli obiettivi primari di Slow Food e dell'Università di scienze gastronomiche.
«Quando parliamo di educazione alimentare lo facciamo partendo dalle scuole elementari, dove facciamo gli “Orti in condotta”, fino ai corsi per gli adulti - osserva Burdese -. Nel 2004, poi, ci siamo inventati l'università, perché riteniamo che il mondo del cibo abbia bisogno anche di un'istituzione accademica che non sia una scuola di cucina o la facoltà di agraria, ma il centro di un sistema complesso che tocca economia, agricoltura, socialità, medicina, ambiente, cultura, antropologia. Un'esperienza straordinaria e con un potenziale di espansione enorme, perché ormai i nostri studenti arrivano da tutto il mondo.

Già oggi i laureati nei master della nostra università trovano lavoro nelle comunità agricole in Kenya, piuttosto che nelle grandi industrie nazionali e portano questa nuova visione. Il cambiamento passa anche da giovani che non hanno solo passione, ma anche competenze scientifiche per rendere più veloce questa rivoluzione di cui abbiamo bisogno».

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