La rivoluzione della libertà

Berlusconi ha indicato a Gubbio quello che è lo scopo fondamentale della sua azione politica, cioè quello di creare un'alternativa permanente alla sinistra italiana. La sinistra ha costituito la forma della politica italiana. Da essa sono nate le principali forze politiche che hanno fatto il Paese nel Novecento, anche lo stesso fascismo che aveva mantenuto la cultura e il linguaggio del partito rivoluzionario. Tutta la cultura italiana è stata dominata, nel secolo scorso, dalla sinistra come figura legittimante.
La cultura rivoluzionaria ha avuto in Italia una stagione che gli altri Paesi non hanno conosciuto. Qui il '68 ha prodotto ben altro che la crisi del principio di autorità, ha prodotto la più grande forma di terrorismo dei Paesi occidentali prima del terrorismo islamico, cui forse ha dato spunti e cultura.
Ma la realtà italiana era diversa: il grande mutamento che è avvenuto con il '94 ha mostrato che vi era un popolo maggioritario, che non accettava il principio di rivoluzione bensì quello di ordine nella libertà. Non è esistita una cultura che potesse riconoscere questo principio, liberale e cattolico, per cui i diritti naturali, e quindi la libertà, preesistono allo Stato e gli danno forma politica. Questo infine è il modello americano che è diventato con Forza Italia e la Casa delle libertà il modello di riferimento della politica italiana del centrodestra. Ma la cultura liberale e cattolico-liberale non era vivente nell'Italia del secondo dopoguerra; e quindi mancavano le categorie di pensiero entro cui la riforma liberale e tradizionale potesse essere introdotta nel nostro Paese. La Casa delle libertà è un prodotto dell'azione politica prima che del pensiero politico. E per questo è stata facilmente delegittimabile dalla cultura dominante che aveva accettato il principio di rivoluzione: se non altro contro la storia d'Italia e l'influenza cattolica in essa.
Più che un secondo governo Berlusconi come tale, il presidente di Forza Italia pensa a una forza politica che si ponga fuori della cultura rivoluzionaria e accetti la libertà come valore della persona antecedente allo Stato. Potremmo dire che Forza Italia appartiene anche al linguaggio postmoderno, perché identifica nel fatto creativo un fondamento del pensiero e della prassi e cerca la legittimazione delle proposte di governo sulla realtà dei fatti. L'opposizione alla sinistra è un fatto culturale: una definizione del modo di essere che congiunge, oltre il moderno, la tradizione con il tempo della imprevedibilità che è il carattere radicale della postmodernità. Vi è una difficoltà degli alleati a riconoscere la sfida culturale che si è aperta in Italia, dove la crisi dei partiti moderati ha aperto un vuoto politico che poteva essere riempito solo con una radicale innovazione: il superamento del partito ideologico, la formula moderna del partito, soprattutto come partito rivoluzionario. Per questo Forza Italia ha avuto difficoltà a diventare partito, perché la sua base storica era una rivolta contro il partito ideologico e si doveva fondare un partito che avesse il suo fondamento nella persona umana. Ciò è avvenuto nella forma del partito carismatico espresso dalla centralità di una persona quasi il simbolo della persona contrapposto al primato della collettività. Il carisma di Berlusconi è legato al suo carattere di simbolo. Ora ponendo il problema del partito nel seminario di Gubbio, si è colta l'idea di dar vita a una federazione tra i partiti della Casa delle libertà che fosse un modello assai diverso da quello unitario del Partito democratico, anch'esso ancora legato a uno schema ideologico. Ma nella formula della federazione con gli attuali partiti di centrodestra; per far sì che le differenze divengano il veicolo stesso in cui esprimere l'unità ideale. Il partito delle libertà è stato proposto come meta ideale non come forma organizzativa. I partiti alleati vengono dalla storia del Novecento ed hanno vissuto il clima del partito ideologico. Per questo vi è in esso una affinità tra le culture della sinistra per questo residuo novecentesco che vive ancora anche a destra. Quello che Berlusconi si propone è di far comprendere ai suoi alleati che lo schema alternativo alla sinistra è quello che unisce il loro popolo e che è la sola base in cui si possa mantenere la forza della coalizione.


Il problema più difficile è quello di convincere l'Udc in cui l'elettorato è legato al centrodestra, ma in cui la storia personale e politica è legata al Novecento come memoria della Democrazia cristiana. Ciò spinge l'Udc a tentare mediazioni verso la parte centrista della maggioranza. Ma alla fine Casini conosce il suo popolo e non può mancare all'impegno comune.
Gianni Baget Bozzo
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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