Rizzo-Diliberto, la guerra dei comunisti spariti

C’eravamo tanto amati, ma anche no. I compagni Marco Rizzo e Oliviero Diliberto sono ormai le pallide controfigure dei «gemelli» del massimalismo che nello sciagurato biennio dell’Unione al potere erano sempre in tv. Nel 2008 la Sinistra arcobaleno composta da Pdci, Rifondazione, Verdi e Sinistra democratica, non si avvicinò nemmeno allo sbarramento del 4% e non piazzò neppure un parlamentare.
E fu diaspora: liberi tutti i partiti dello zero virgola, fuga in avanti a colpi di laceranti diaspore, e oggi nemmeno un Tom Tom riuscirebbe a districarsi nel sinistro universo dei movimenti (ex?) comunisti.
La fine della sinistra di lotta e di governo ha anche innescato la miccia interna al Pdci: sei mesi fa Marco è stato espulso. Tra i due carte bollate, minacce e insulti: «Non può un partito comunista espellere i comunisti», disse a caldo Rizzo, dopo il benservito per presunti «comportamenti ostili al partito tenuti nell’ultima campagna elettorale». E su certe «frequentazioni» di Diliberto con alcuni presunti ex esponenti della P2? «Ne ho parlato con lui privatamente», e per tutta risposta si beccò una querela. «Vincerò la causa e devolverò il ricavato ai terremotati dell’Abruzzo. Molti militanti ora si autosospenderanno e mi seguiranno». Su questo Rizzo è stato di parola e si è creato il suo bel movimento Comunisti-sinistra popolare. I militanti Pdci meno.
Diliberto intanto è tornato alla casa del padre, quella Rifondazione comunista dalla quale uscì per entrare nel governo D’Alema, 12 anni orsono. Oggi si chiama Federazione delle sinistre, ci sono anche gli ex ministri Paolo Ferrero e Cesare Salvi. Sei mesi sono lunghi, e magari ci si dimentica tutto. Forse Diliberto, in cuor suo, sperava che chiamando Rizzo al telefono durante la registrazione dello show radiofonico di Radio2 Un giorno da pecora» tutti i dissapori sarebbero rientrati. E invece no.
La surreale conversazione telefonica in diretta, giovedì scorso, è suonata più o meno così: «Ciao Marco, siccome stiamo discutendo della riunificazione della sinistra l’offerta vale per tutti». Risposta piccata: «Per valutare l’offerta dovresti rispondere ad alcune domande che io ti ho posto tempo fa e che hanno causato la mia espulsione». E ancora: «Come fai a dire sì alla Tav e anche alla Bresso? E come fai a votare Emma Bonino nel Lazio?».
Altro che disgelo, la temperatura in studio si è improvvisamente abbassata. Zero e dintorni, come a fare pendant con i consensi elettorali dei due, messi insieme, e una controreplica dilibertiana da real politik: «Per fare politica sono necessarie delle alleanze anche con persone che non hanno il tuo stesso identico programma».

Ricetta da melting pot in salsa prodiana che Rizzo ha già assaggiato, ma che evidentemente non ha funzionato e ahiloro mai funzionerà: «È quello che abbiamo fatto in 15 anni, non ottenendo nulla e consumando la nostra base sociale. Potremmo tornare insieme solo per battere il Pd e Berlusconi». A quel punto Diliberto ha tagliato corto. «Il mio nemico non è il Pd. È il premier». Contento lui.
felice.manti@ilgiornale.it

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica