Robin Ticciati dirige la Filarmonica ma rimpiange le birre con gli amici

Il ventiduenne musicista suonava le percussioni alla London Symphony quando è stato scoperto da Davis

Elsa Airoldi

Torre del Botta. Prova d'orchestra. Una marea di strumenti e un oceano di pannelli che tentano di amalgamarne il suono. Un ragazzo in maglietta blu fa ripetere un passaggio dell'Andantino della Quarta di Caikovskij. Chiede ai celli un vibrato meno intenso. Perché il pathos nasce dall'intensità, dal modo di tirare l'arco. Robin Ticciati, londinese, 22 anni, una testa di ricci castani che incorniciano il volto armonioso e pieno di luce, è di nuovo sul podio della Filarmonica.
Un anno fa, durante la stagione delle sostituzioni a sorpresa, pareva un rappezzo dell'ultimo minuto. Adesso è qui a ragion veduta, e dirigerà la Filarmonica anche in due prossimi appuntamenti a Brescia e al Parco della musica di Roma. Oltre ad essere inserito nel cartellone 2006-7, con Così fan tutte. Insomma ha spiccato il volo. Nell'ottica di un nuovo corso che più sono giovani e più li vuole. Tutti. Interpreti, direttori, compositori. Basta seguire il filo rosso Lissner-Mortier-Hintehäuser. Cioè Scala-Bastille-Salisburgo.
Il nostro Robin è un po' più ardito. Sebbene gli paia di vivere dentro un'illusione, non abbia parole per ringraziare quelli della Scala che lo avvolgono con il loro affetto e assieme obbediscono alla sua bacchetta. Ticciati in pochi mesi s'è guadagnato molte medaglie.
Tra queste una produzione tutta per lui e un incarico di direttore musicale. La produzione è Il sogno di Scipione montato a Klagenfurt con Michael Sturminger (il titolo mozartiano verrà ripreso a Salisburgo dal 18 agosto). La nuova orchestra una delle più antiche compagini svedesi, la Gävle Symfoni Orkester per la quale sta già mettendo a punto la programmazione. Comprensiva di un compositore svedese in residence.
Se qualche mese addietro la presenza del giovane direttore si poteva anche riferire al peso dei suoi numi tutelari, Sir Colin Davis e Sir Simon Rattle, oggi è evidente che sta camminando da solo. Sebbene le parole per i maestri, Davis in particolare, grondino gratitudine. È lui che gli raccomanda come e cosa studiare, come rendere una lettura più intensa. Un certo pittore coevo per Sibelius, una certa biografia per Caikovskij...
Davis è sinonimo di London Symphony. Mai diretta? Come potrebbe, Davis è il venerato maestro… In orchestra Robin suonava le percussioni. Era cioè in una postazione tale da doversi immedesimare nella psicologia di tutti quelli collocati ai leggii davanti a lui.
E l'intuito non gli deve essere mancato se il decano del sinfonismo britannico Davis e il nuovo del sinfonismo britannico Rattle l'hanno notato. E se anche la Salisburgo del futuro prossimo, quella di Hinterhäuser, ne sottolinea la straordinaria musicalità. Parla nel suo camerino, Robin, con una lattina di coca tra le mani e lo sguardo fisso a Ernesto Schiavi, il suo angelo custode.
Il compositore più amato? Quello con cui si sta cimentando in quel momento. La partitura che lo terrorizza? Moltissime. Le orchestre? Tutte diverse l'una dall'altra... il suono lirico, il legato degli scaligeri, quello acceso, robusto, insomma tedesco della Staatskapelle Dresden… I suoi vent'anni? Tanto da prendere e l'entusiasmo da dare. I pub di Londra? Un sogno, stare lì con gli amici e dimenticare... Ma non è più possibile. La musica, i grandi teatri, il sogno hanno chiamato.
La sua ragazza che studia oboe? Per ora è paziente. Le vacanze? Se capita con i genitori. La squadra del cuore. Chi se la ricorda? Lei è per il Liverpool, allora lui risponde Chelsea. Ma è un gioco. Un pianoforte comincia e suonare. Si alza di scatto.

Abbraccia tutti. «A lunedì, mi raccomando». Domani alla Scala. Con Pulcinella di Stravinskij (in collaborazione con l'Accademia che presta le ugole di Ketevan Kemoklidze, Tiberius Simu e Carlo Malinverno) e la Quarta di Caikovskij.

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