Rollier (Michelin): la sfida ora si chiama produttività

Il nuovo boss del gruppo francese: «Facciamo utili anche in Asia»

Enrico Artifoni

da Parigi

Dopo la morte di Edouard Michelin, che aveva preso le redini dell'azienda di famiglia solo 7 anni fa e l'ha fatta crescere sino a diventare il primo costruttore mondiale di pneumatici, la proprietà ha dato piena fiducia a Michel Rollier, il 62enne direttore finanziario che già aveva affiancato Edouard lo scorso anno nel ruolo di «cogerente». Al nuovo boss è affidato il compito di rafforzare il primato di un gruppo che conta 74 stabilimenti e 130mila dipendenti, di cui 5800 in Italia, e ha venduto lo scorso anno 197 milioni di pneumatici in 170 Paesi. Con 15,6 miliardi di euro di fatturato e un risultato netto vicino a 900 milioni di euro, Michelin ha una quota di mercato del 19,4%, i principali concorrenti, la giapponese Bridgestone e l'americana Goodyear, si sono fermati rispettivamente al 18,2% e al 16,5 per cento.
Monsieur Rollier, lei è rimasto da solo alla guida di Michelin. È solo una parentesi, in attesa che la dinastia trovi un nuovo erede?
«Ho 62 anni e sono perfettamente in salute. Non sono stato messo a fare il capo in attesa di un altro. E conto di farlo a lungo».
Michelin e Rollier: c'è una lunga vicinanza fra le due famiglie nella storia dell'azienda. Che cosa vi unisce?
«La condivisione di obiettivi chiari: la redditività dell'impresa, innanzi tutto, ma nel rispetto dei dipendenti, degli azionisti e dei clienti. Le nostre gomme costano mediamente di più, rispetto a quelle dei concorrenti, ma offrono una qualità e una sicurezza superiori».
Quali sono le sfide, oggi, per un produttore di pneumatici?
«La produttività. Ci sono i nuovi mercati, soprattutto l'Asia, dove la battaglia per la supremazia è molto dura».
Come sta andando Michelin nel 2006?
«Il trend è buono, pensiamo di poter avvicinare il target del 10% di margine operativo, un passo avanti rispetto all'8,8% del 2005. Stiamo andando bene negli Usa, dove siamo secondi solo a Goodyear. E facciamo utili anche in Asia, sebbene in misura più modesta».
Come pensate di continuare a espandere il business senza intaccare la redditività?
«Cercando, in primo luogo, di comprimere al massimo i costi. E di far valere la nostra qualità nel mix di prodotto».
Teme i produttori cinesi?
«No. In Cina ci siamo già e produciamo come gli altri ai costi locali».
Che cosa possiamo aspettarci nei prossimi anni? Ci sono ancora margini per migliorare il prodotto?
«Sì.

Nel campo degli pneumatici per camion abbiamo introdotto l'X One, una gomma più confortevole e con una resistenza all'avanzamento decisamente inferiore rispetto ai prodotti tradizionali. Il successo è grande, specialmente negli Usa, dove c'era molta arretratezza in questo settore».

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