A Roma cresce il fronte di chi non andrà a votare

«Non andare alle urne»: è l’invito «bipartisan» di politici romani e l’invito di alcuni medici della Sapienza e di altre università

(...) su: «Saremo anche pilateschi, ma non dimenticate che nel primo referendum della storia il popolo, fra Cristo e Barabba, ha scelto Barabba».
Battute a parte, è un appello «bipartisan» quello per astenersi dal voto sui quattro quesiti referendari: promosso dai consiglieri comunali Claudio Santini e Gianfranco Zambelli (Fi) e Sergio Marchi e Marco Marsilio (An), ma con il sostegno anche di alcuni esponenti del centrosinistra, tra i quali il vicesindaco di Roma Maria Pia Garavaglia (Margherita). Nel documento, formulato sulla falsariga di quello dei parlamentari per l’astensione, si sottolinea che la legge 40 «ha finalmente fissato regole certe», magari perfettibili, ma certe. Se vincesse il fronte del Sì si tornerebbe, invece, a una situazione di «assoluta deregolamentazione». La scelta dell’astensione è di conseguenza l’unico modo per «lasciare aperta ogni strada a un confronto di merito in sede parlamentare che potrà e dovrà svilupparsi». Sottoscrive l’appello, dicevamo, anche il vicesindaco Maria Pia Garavaglia: «Mi sconcerta la criminalizzazione messa in atto da chi è a favore del Sì. Mi sento offesa da chi dice che non andare a votare è una “furbata”. Una “furbata” semmai è approfittare di una legge per permettere la liberalizzazione di un tipo di ricerca». «Andare a votare Sì nel quesito sulla ricerca sugli embrioni - spiega la Garavaglia - di fatto significa decidere in sede referendaria che quella ricerca è permessa. Io non discuto il merito - continua la vicesindaco -, dico solo che quello è compito del Parlamento. Così come è compito del Parlamento ridiscutere questa legge». Entra più nel tecnico la presidentessa del comitato Scienza e vita, Paola Binetti: «Vogliamo difendere questa legge, che ha dei difetti, ma assicura comunque una difesa “accettabile” della vita». «Per quanto riguarda poi i singoli quesiti - continua la professoressa - quello sulla ricerca sulle cellule embrionali, ad esempio, non ha alcun elemento di evidenza scientifica. «Parlando di cifre, poi - conclude la Binetti - quanti sanno che l’Italia ha lo stesso numero di centri di fecondazione assistita degli Stati Uniti?».
Sicuramente lo sanno i presidi della prima e seconda Facoltà di medicina dell’università La Sapienza, Luigi Frati e Aldo Vecchione e i docenti delle Facoltà di medicina delle università Campus Bio-medico, Tor Vergata e Cattolica, Elvio Covino, Renato Lauro e Pasquale Marano, che ieri hanno espresso la loro posizione sul referendum: «Noi ci asteniamo». Motivandola. «Non condividiamo la scelta di sottoporre a referendum argomenti così delicati e non siamo a favore né degli oltranzisti che difendono questa legge come tale, né degli abolizionisti che auspicano l’utilitarismo etico». I medici si dichiarano a favore di una legislazione condivisa, che alleggerisca e corregga quella attuale (fertilizzazione medicalmente assistita solo in ambito pubblico), senza «per forza ricadere in quel far west che si realizzerebbe se venisse abrogata la legge attuale».

«Astenendoci - concludono i docenti - riteniamo di contribuire a riaprire lo spazio di ricerca di soluzioni legislative di garanzia per la vita nascente e per la donna, per le prospettive di ricerca e per la tutela della salute della generalità dei cittadini, con un dibattito da ricondurre in Parlamento».

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