Roma-Viterbo, la linea fantasma

Silvia Marchetti

Ore difficili per chi si muove a Roma: ieri alla protesta dei tassinari romani si sono associati anche i ferrotranvieri della Roma-Viterbo. Forse per spirito di solidarietà o per il semplice gusto di recare danno ai pendolari, la maggior parte dei conducenti ha deciso d’incrociare le braccia. Risultato: quasi tutte le corse pomeridiane e serali sono state soppresse. Caos, urla, imprecazioni e svenimenti: i viaggiatori più fortunati hanno dovuto attendere più di un’ora per la corsa della ferrovia urbana che da piazzale Flaminio porta alla stazione di Montebello. Peggio ancora è andata a chi invece doveva arrivare fino a Viterbo, percorrendo la tratta extraurbana.
E così, mentre la capitale era in tilt per l’agitazione dei conducenti delle auto bianche, chi ha pensato (bene) di prendere i mezzi pubblici ha rischiato di svenire o di rimanere soffocato all’interno di vagoni diventati dei carri-bestiame. Piazzale Flaminio è stata presa d’assalto dai pendolari e dalle «vittime» di taxi selvaggio ma i treni non c’erano. E i turisti, spaesati, si guardavano attorno senza parole, allibiti.
La situazione disastrata della Roma-Viterbo è stata più volte denunciata ma invano. E con l’arrivo del caldo afoso si fa più intollerabile. La verità è che la ferrovia vive una condizione di sciopero semi-permanente. Sono mesi che ogni giorno decine di corse vengono soppresse per mancanza di personale. Alcuni capitreno sono in ferie, altri al corso di formazione che doveva terminare ad aprile, altri ancora sono rimasti a casa. Ieri, poi, in aggiunta, c’era l’attesissima semifinale Italia-Germania. Non si sa se per un pizzico di sadismo, ma l’ultima corsa è partita con mezz’ora di ritardo, proprio quando mancavano solo 25 minuti all’inizio della partita. «Ce lo stanno facendo apposta - urla una signora stritolata dalla folla nel primo vagone, in attesa che parta il treno - adesso vado e li meno tutti quanti! Qui si schiatta di caldo, non ce la facciamo più, siete una branco di matti!». «Mandateci la Protezione civile, vogliamo i carabinieri, non respiriamo!», gridano dal terzo vagone. Una ragazza esce dalla stazione per prendere una boccata d’aria, un’altra si lamenta ad alta voce quasi piangendo: «Basta! Io pago l’abbonamento annuale e qui ogni giorno è peggio: chi mi ci porta adesso a casa?!». Insomma, scene di ordinario disagio.
Alla biglietteria rispondono che i turni di lavoro non sono stati aggiornati in vista dell’estate e dell’aumento del flusso turistico, ma la verità è che i conducenti già sentono puzza di liberalizzazioni. I prossimi interventi governativi, infatti, toccheranno appunto i servizi pubblici in mano agli enti locali, e a Roma quasi tutti sono in questa condizione. Sabato il sindacato principale ha già dichiarato uno sciopero di otto ore lungo la ferrovia, e altri ne seguiranno. Alla stazione di piazzale Flaminio gira voce che il prossimo sciopero sarà martedì 11, guarda caso proprio in concomitanza con quello nazionale dei tassisti. La sensazione è che la categoria dei conducenti di treni (e presto anche delle metrò) e dei taxi faranno sempre di più fronte comune contro l’ondata delle liberalizzazioni.

Se così fosse, il sindaco Veltroni avrà, grazie ai suoi colleghi di partito, una bella gatta da pelare. Una cosa è certa: per il resto di quest’estate turbolenta - e forse anche oltre - l’unico mezzo sicuro di trasporto è quello tradizionale di San Francesco: ossia «andare a fette».

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