Coronavirus

Coronavirus, operatrice call center: "60 in una stanza, ho paura"

Un'operatrice call center ha reso nota la sua testimonianza: "Come è possibile evitare il contagio in un luogo in cui lavorano in 50/60 all'interno di ogni stanza?"

Coronavirus, operatrice call center: "60 in una stanza, ho paura"

Un'operatrice call center ha testimoniato la sua difficile situazione lavorativa, tramite una lettera indirizzata a FanPage. Si firma come "una lavoratrice che chiede di essere tutelata". Lei e migliaia di altri suoi colleghi continuano a lavorare imperterriti, tra mille difficoltà, nonostante l'emergenza coronavirus. L'operatrice ha parlato di un assembramenti di circa 60 persone all'interno di ogni stanza dell'azienda in cui lavora. E come si sa, assembramenti di decine di persone, costituiscono terreno fertile per un contagio da covid-19. La donna ha voluto "segnalare la delicata situazione che riguarda i lavoratori presenti nei call center e la mancanza di tutela nei nostri confronti". L'operatrice lavora in un grande call center della capitale, in zona Tiburtina, che gestisce diverse commesse, tra cui un'assistenza backoffice di poste italiane ed SDA, iniziata in tale azienda nel mese di marzo, a seguito dell'aggiudicazione della gara con clausola sociale.

Coronavirus, la difficile situazione lavorativa di un'operatrice call center

L'operatrice call center, costretta a lavorare all'interno di una staza con un rilevante assembramento di persone, dichiara nella sua lettera che la prima cosa che lei e i suoi colleghi stanno facendo per arginare la diffusione del coronavirus, è cercare di limitare quanto più possibile raggruppamenti e l'uso promiscuo di oggetti e utensili da lavoro. Tutto ciò è molto difficile, spiega la diretta interessata, del resto "come è possibile evitare questo in un luogo, dove in ogni stanza lavorano minimo 50/60 lavoratori contemporaneamente, senza postazioni fisse e con pc, tastiere, mouse e cuffie in comune, senza mascherine e altri dispositivi di protezione? ". E ancora:"Com’è possibile evitare assembramenti nelle aree break e nei corridoi, se in una struttura lavorano migliaia di dipendenti?".

L'operatrice call center ha inoltre informato che all'interno della sua azienda un 34enne è stato trovato positivo al coronavirus e ricoverato lo scorso 20 marzo. L'uomo, purtroppo, non ce l'ha fatta ed è morto in data 21 marzo 2020. Pare inoltre che nell'azienda ci siano altri casi di contagio ancora non ufficialmente comunicati. L'azienda risulta essere tutt'ora aperta. Ai dipendenti della struttura non è stato comunicato nulla. "Dov'è la tutela per noi e di conseguenza anche per gli altri cittadini?" Si chiede chi scrive. I sindacati, a tutela dei lavoratori dell'azienda, hanno chiesto ai datori di lavoro lo smart working, che tuttavia non è stato ancora attivato.

Tantissimi lavoratori con mogli, figli e parenti anziani sono costretti a presentarsi in azienda (alcuni anche con l'ausilio di mezzi pubblici) mettendo in serio rischio la propria salute e quella dei loro cari.

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