Coronavirus

Coronavirus nel Lazio, il primario: "Picco tra 7-10 giorni"

Il primario del reparto di Malattie infettive del Poliniclinico Tor Vergata, Massimo Andreoni, ha precisato che il Coronavirus che circola nel Lazio non arriva dai contagiati del Nord Italia. Le strutture ospedaliere si stanno rafforzando in vista del picco

Coronavirus nel Lazio, il primario: "Picco tra 7-10 giorni"

"Tenendo presente che i casi che stiamo vedendo corrispondono ad infezioni che sono state contratte nei 14 giorni precedenti, dobbiamo prepararci ad un incremento progressivo delle situazioni nei prossimi 7-10 giorni". È chiaro e lapidario il Prof. Massimo Andreoni, primario del reparto di Malattie infettive del policlinico Tor Vergata di Roma circa l'evoluzione del contagio da Coronavirus nella Capitale.

Fino alla giornata di ieri, il bollettino della Protezione Civile parlava di 125 casi complessivi nel Lazio con un aumento di 34 unità in 24 ore ed un conseguente aumento dei ricoveri, tra cui quelli in terapia intensiva.

Il picco tra una settimana

La collega del Messaggero.it ha intervistato il Prof. Andreoni circa l'evoluzione del Covid-19 a Roma e nel Lazio per capire quando e se si potrà vedere il picco dei contagi. "Questa è un'epidemia che sta scorrendo: posso sostenere che la Lombardia, ad esempio, ha raggiunto il suo picco ed il Lazio ancora no, ma siamo in una fase di ascesa e credo che sarà anche abbastanza rapida nei prossimi giorni".

Coronavirus "autoctono"

Nel Lazio e tra i romani c'è la preoccupazione che la "fuga" dal Nord di alcuni giorni fa possa far incrementare il numero di contagi ma il primario tende a rassicurare. "A questo punto, nel Lazio ci sono casi autoctoni non più legati ai focolai del Nord. E credo che questo sia un dato assolutamente inconfutabile: ormai si è creata una situazione pandemica all'interno della Regione anche se ancora contenuta".

Aumentati i posti letto ospedalieri

L'ansia e la preoccupazione che il Coronavirus si porta dietro è anche il rischio di non poter ricevere le adeguate cure ospedaliere qualora il numero dei contagiati salisse in maniera esponenziale. Già predisposta la clinica Columbus, che rischiava di chiudere il 31 ottobre scorso, come supporto allo Spallanzani.

"I ricoveri per i pazienti che hanno bisogno di assistenza respiratoria meccanica aumenteranno in maniera direttamente proporzionale ai casi diagnosticati - ha affermato Andreoni - e sono i numeri a dircelo (+17 ricoveri e +3 in Terapia intensiva registrati ieri sul giorno precedente, ndr). Detto questo, la Regione ha fatto un enorme sforzo per potenziare i posti letto e credo che le misure siano sufficienti a contenere quelle che saranno le esigenze dell'epidemia. Noi a Tor Vergata, entro la fine della settimana avremo 8 posti in più".

In chiusura, è stato chiesto al Professore se i decessi avvenuti fino a questo momento sono "per" il Covid-19 oppure "con", motivo di dibattito ormai da molti giorni. "La mia posizione personale è che quando una persona, seppur con gravi patologie pregresse, muore nel corso dell'infezione da Covid-19, è questa la reale causa di morte - ha affermato senza mezzi termini Andreoni - Per capirci: in un paziente neoplastico che muore per una "sepsi batterica", è la sepsi la causa di morte e non la neoplasia. Tanto è vero che, se si dovesse compilare una scheda di morte, si scriverebbe che quella è stata la causa terminale. Ovviamente, il virus attacca maggiormente organismi fragili ma chi prende la polmonite da Covid muore per quella e non per il diabete che già aveva.

Per me, questa discussione è poco comprensibile".

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