Nel cuore di Roma, a due passi dal Pantheon, c’è una basilica, quella di Sant’Eustachio, che è diventata il punto di riferimento per centinaia di senzatetto. Soprattutto dallo scorso settembre, cioè da quando alcuni dei suoi locali si sono trasformati in un polo sociale che accoglie, sfama e offre servizi di vario genere ai bisognosi.
Il progetto è stato realizzato grazie alla carità dei fedeli che, con le loro offerte, hanno contribuito alla ristrutturazione degli spazi dedicati all’accoglienza, eppure c’è anche qualcuno che – evidentemente – non ha gradito l’iniziativa. Ed ha quindi deciso di comunicarlo a monsignor Pietro Sigurani, rettore della basilica, recapitandogli un biglietto anonimo nel giorno del suo ottantatreesimo compleanno. “Caro reverendo – c’è scritto sul foglietto di carta trovato ieri da don Pietro – la chiesa è la casa del Signore, non dei poveri! Risponderai davanti a Dio dei sacrilegi e delle profanazioni compiuti in questa chiesa”.
Ma il monsignore, sentito dall’agenzia Dire, non si è lasciato intimorire: “Facciamo queste attività da 6-7 anni – dice – e sicuramente non ci spaventano queste cose”. “Anzi – prosegue – per noi sono un onore, perché vuol dire che capiscono che quello che facciamo è una cosa che gli dà un pugno nello stomaco. Non so chi è stato e non mi interessa, c’è ancora gente che ha questo senso dei luoghi sacri, ma 'l’unico luogo sacro è la persona', dice il Signore. L’unico spazio sacro che esiste è in ognuno di noi”.
Solidarietà al reverendo è arrivata dalla minisindaca dem del Municipio I, Sabrina Alfonsi, e
dalla capogruppo Pd Sara Lilli: “Siamo certe – scrivono in una nota – che questo non farà che moltiplicare le sue energie nel portare avanti il prezioso lavoro che, assieme ai volontari, svolge ogni giorno”.
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