Romano Prodi leader «contaminato» da Rifondazione

Egidio Sterpa

«Lo abbiamo contaminato». È la frase con cui Bertinotti ha siglato il discorso di Prodi nella Piazza del Popolo romana domenica 9 ottobre. Non c’è bisogno di altro per giudicare demagogico e perfino classista il discorso dell’uomo che si candida alla guida del Paese presentandosi agli elettori delle primarie con questa affermazione: «Votate per me perché sono il punto di equilibrio della coalizione e perché sono quello che ha maggiore possibilità di battere Berlusconi».
Merita senza dubbio più rispetto e credito, per la sua franchezza, Bertinotti che delle idee che ha non fa mistero, e infatti si compiace di aver «contaminato» Prodi col suo classismo, mentre il candidato-premier - descritto così bene e impietosamente su questo giornale da uno studioso serio e coscienzioso come Nicola Matteucci (strano che l’interessato abbia ignorato quello scritto, passato peraltro sotto silenzio da media e circoli politici) - con le sue manifestazioni tutt’altro che equilibrate, a volte smodate e intemperanti, si è collocato su posizioni oltranziste fino, appunto, a non esitare a ricorrere all’opposizione dialettica, propria del marxismo, tra classi sociali.
I lettori sanno, e penso che lo riconoscano anche alcuni avversari politici, che il sottoscritto non ama le estremizzazioni. Cultura politica e principi intellettuali e morali non mi portano mai a infrangere elementari regole dell’etica. Il giudizio che do delle posizioni assunte da Prodi in quel discorso programmatico domenicale non è affatto una esagerazione dialettica. Dai tempi del vecchio Pci non si sentivano asserzioni e accenti tanto faziosi. Più volte egli ha ostentatamente contrapposto «ricchi e poveri» con intonazioni assai demagogiche. Ho seguito quel discorso in diretta televisiva (Tg3) e m’è parso, per esempio, di cogliere imbarazzo sui volti di Fassino e Rutelli, che erano accanto all’oratore. Esprimo qui un parere: Fassino sicuramente non avrebbe usato espressioni e giudizi che hanno caratterizzato quel brutto comizio domenicale. Né Rutelli, ovviamente, che viene dalla cultura garantista e liberal dei radicali pannelliani.
È stato, sì, un discorso irragionevole, quasi insensato, che non porterà del buono all’Unione. Ripeto: non è la parzialità politica a spingermi a questo giudizio. La mia decisione di tornarvi viene da una riflessione responsabile. Insomma, Prodi potrà pur arrivare a insediarsi a Palazzo Chigi, ma è bene vederlo per quel che è e potrebbe eventualmente essere alla guida politica del Paese, un politico cioè tutt’altro che dotato di equilibrio e moderazione.
Chi mi conosce, quanti mi leggono sanno bene che nei miei rapporti col mondo politico pratico misura e temperanza. In ciò che decido e faccio c’è tanta indipendenza. Lo sa per primo il mio amico Berlusconi, che da almeno trent’anni mi conosce e sa che non sono un cortigiano ma solo un amico leale spesso scomodo. No, non sono uno yesman. Lo stesso rispetto lo porto ad avversari come Fassino e D’Alema. Ho anche amici a sinistra. Per esempio: Macaluso, Pisapia, Cervetti, Caldarola. Nutro stima penso reciproca, per Violante, Cossutta, Alfonso Gianni, che mi sono lontanissimi ideologicamente.
Si può essere non di sinistra - liberale di destra, come qualcuno mi definisce - e avere amicizie sulla sponda opposta, dove ognuno sa che non approderò mai? La civiltà politica in cui credo, mi dice di sì. Dunque, l’ex democristiano Prodi, ex presidente dell’Iri e ministro dei tempi di De Mita (e non lo dico senza rispetto per De Mita, che stimo pur senza condividerne idee e posizioni, così come stimo, certo con maggior trasporto, Gerardo Bianco, Giovanni Bianchi, Martinazzoli, e aggiungo, Maccanico ed Enzo Bianco), sì, Prodi non prenda i miei rilievi come espressione di antipatia o inimicizia personale o mera faziosità politica. È che le posizioni che oggi egli assume mi hanno sorpreso e sdegnato, fino a impormi il dovere di segnalarle (il mio mestiere è leggere, osservare, scrivere). È in grado di smentirmi? Lo faccia, ne sarò lieto, perché, da convinto assertore del sistema dell’alternanza, desidero che la leadership che si oppone alle mie idee sia anch’essa razionale e tutt’altro che faziosa. Caro Prodi quel comiziaccio di Piazza del Popolo era davvero un insieme di spot propagandistici, con forti venature classiste.
Infine, una nota culturale e umana. Ho letto sabato sul Corriere l’intervista di Barbara Palombelli a Gianni Amelio regista di film che la sinistra considera proprio patrimonio culturale (Porte aperte, Le chiavi di casa, Lamerica, Il ladro di bambini). Amelio, intellettuale irregolare, rimpiange il Pci di Togliatti e Berlinguer, ma confessa di avere simpatizzato per Montanelli quando la sinistra lo demonizzava, di aver superato il massimalismo dei «trinariciuti» (ce n’è ancora qualcuno dice), di non ritenere un delitto abitare in un attico e di possedere una barca, insomma di considerare il classismo ciarpame ideologico.

Ecco, invito Prodi a leggersi quella bella intervista e a riflettere anche lui, se ci riesce, se in pieno Duemila sia lecito e giusto non fare affidamento su politici che fanno discorsi come quello di Piazza del Popolo domenica 9 ottobre.

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