Un romanzo dove niente è normale

Difficile parlare di scuola senza cadere negli stereotipi. La classe (Einaudi Stile Libero, traduzione di Tiziana Lo Porto e Lorenza Pieri, pagg. 228, euro 16), lo fa. Il libro di François Bégaudeau che ha ispirato il film del regista francese Laurent Cantet, palma d’oro a Cannes, è una miniera assolutamente vergine dove tuffarsi per capire cosa succeda davvero dentro le mura (titolo originale dell’opera) di una scuola. Nella fattispecie di una media francese della cintura parigina, quindi molto istruttivo anche per noi, visto che Oltralpe hanno avuto a che fare con il problema dell’immigrazione/integrazione ben prima di noi. Non l’hanno certo risolto, però almeno sappiano quello che ci attenderà.
Bégaudeau racconta quello che succede in un anno di scuola in presa diretta. Potrebbe essere un blog, dove ogni giorno si registrano piccoli fatti, aneddoti, dialoghi surreali e strampalati. Il prof è un professore un po’ anomalo, classe 1971 - quindi zero politicizzato - in gioventù faceva parte del gruppo punk rock Zabriskie Point e tra le varie cose ha scritto una biografia romanzata di Mick Jagger - oltre che fare il giornalista e il critico cinematografico di Playboy.
Non c'è niente di normale in questo libro, eppure è tutto vero e per questo il risultato è riuscitissimo. Bégaudeau non giudica mai i ragazzi che ha di fronte. Li punisce, li minaccia, li manda dal preside, dentro quelle mura succede davvero di tutto. Cerca di insegnare la sintassi a ragazzi che non sanno neppure la lingua. Il tutto crea una serie di situazioni esilaranti.
Gli studenti hanno nomi esotici come Koumba, Djibril, Souleymane, Ming, Alissa. Il giovane prof li identifica dal numero di piercing e buchi su orecchi e naso, nonché per la immancabili scritte sui capi di vestiario firmati: Youssuf «Unlimited 62», Léopold tre anelli per sopracciglio, Frida «Love me twice» in nero su maglietta rosa. I dialoghi sono spesso surreali, anche quelli che avvengono in sala professori e nelle interminabili e inutili riunioni con il preside.
Alla fine la sapete una cosa? La figura migliore la fanno gli studenti, che non sono propriamente quello che ci si aspetterebbe da una classe modello, in piedi, salutate, disciplina, autorità, studio e compiti a casa eseguiti correttamente. Ma almeno sono genuini e anche i bulli non sono poi così cattivi. Souleymane arriva sempre in classe con cappuccio della felpa e berretto e il prof ogni mattina (dopo la quotidiana constatazione - stanotte ho dormito male) gli chiede di abbassarli. Alla fine arriva la proposta: «Souleymane, ti propongo una cosa: per lunedì scrivi venti righe per convincermi che per te è importantissimo tenere tutta quella roba sulla testa.

Se mi convinci ti lascio tranquillo col cappuccio e tutto fino alla fine dell’anno. Facciamo così?».
Tutto quanto capita fuori dalle mura non conta, ma quello che succede dentro vi garantisco che basta e avanza. Perché questa è la scuola di massa, e nessuno ci può fare niente.

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