"Rosa e Olindo sono matti": al via l'appello per la strage di Erba

I difensori dei coniugi condannati all'ergastolo chiedono la perizia psichiatrica per i loro assistiti. Dopodomani la prima udienza.

Ci avevano provato già in primo grado, davanti alla Corte d'assise di Como: una perizia per dimostrare la loro infermità - o almeno seminfermità - mentale e schivare così l'inevitabile condanna al carcere a vita. Ma i giudici di primo grado avevano detto di no: e su Olindo Romano e Rosa Bazzi, accusati di avere massacrato quattro persone l'11 dicembre 2006, si era abbattuta una condanna senza attenuanti. Ma i difensori dei due coniugi non si arrendono, e dopodomani ripresenteranno la loro istanza alla Corte d'assise d'appello di Milano, davanti alla quale si apre il processo di secondo grado.
Non è l'unica istanza che gli avvocati di Rosa e Olindo presenteranno alla corte presieduta dal giudice Maria Luisa Dameno. Ci saranno anche nuove testimonianze, e una perizia per verificare l'attendibilità della testimonianza di Mario Frigerio, l'unico sopravvissuto al massacro, che indicò senza incertezze nei due vicini di casa gli autori del delitto. Furono loro - dice la sentenza di primo grado che li ha condannati all'ergastolo - esasperati dal «disturbo» che i vicini di casa arrecavano alla loro tranquilla esistenza di coniugi senza figli, a fare irruzione nell'appartamento. Il principale bersaglio del loro odio, il tunisino Azouz Marzouk, non era in casa. Ma sotto i colpi e le coltellate della coppia caddero tre donne, tra cui la moglie di Marzouk, Raffaella Castagna, e il piccolo figlio della coppia.
Rosa e Olindo prima hanno confessato, poi hanno ritrattato. Chi ha incrociato in carcere Olindo, dice che a terrorizzarlo non è tanto la prospettiva in sè del carcere a vita quanto quella di non vedere più la moglie, la sua Rosa, cui è legato da un rapporto di sudditanza quasi morboso. E il processo che inizia mercoledì è la sua ultima chance per non dover dire addio per molti e molti anni alla adorata consorte.
Il primo obiettivo dei due imputati è venire riconosciuti innocenti, ma i loro legali - e forse anche loro stessi - sanno perfettamente che è una strada impervia. Così è già pronta da giocare la carta della infermità mentale, della follia come movente e come attenuante della ferocia con cui vennero sterminate quattro vite. Ma anche qui le speranze di successo non sono altissime.

Agli psicologi che li hanno incontrati ed esaminati in questi tre anni di carcere, i due sono sembrati certamente disturbati, ma altrettanto certamente capaci di intendere e di volere. Quella di Erba fu certamente una strage orrenda. Ma se bastasse essere feroci e spietati per venire dichiarati matti, in carcere non ci finirebbe quasi nessun assassino.

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