A Rosarno le arance marciscono ma la ’ndrangheta fa sempre affari

L’imprenditore: "Coltivare non conviene più, nemmeno con i contributi Ue". Intanto la mafia compra terreni per ottenere fondi dall’Ue

A Rosarno le arance marciscono 
ma la ’ndrangheta fa sempre affari

Rosarno -«Vuol dire che ci faremo delle grandi spremute, che dobbiamo fare? Se non altro, per quanto riguarda la vitamina C, dovremmo essere a posto per tutto l'inverno». Nicola Filardo guarda le arance appese agli alberi del suo «giardino», sei ettari appena fuori Rosarno, e si consola, la testa incassata nelle spalle e i pugni affondati nelle tasche del giaccone per difendersi dal vento freddo che arriva da Stromboli. Nicola ha una concessionaria di automobili, dunque non è un agricoltore «puro». «E meno male - commenta lui girando gli occhi al cielo -. Fosse stato per le arance sarei alla fame con tutta la famiglia».

Stacchiamo dai rami una quindicina di «navel» e altrettanti «tarocchi», riempiamo una cassetta di queste meraviglie, torniamo in paese. Nicola quest'anno forse rinuncerà a completare il raccolto. «Ne ho portate un po' al magazzino degli Spagnolo, che le mandano al nord. Ma me le hanno pagate 20 centesimi al chilo. Mi conviene? No, non mi conviene. Mi piglio i 1.500 euro a ettaro che stanzia l'Unione europea e arrangio… ».

Be’, fanno sempre 9mila euro l'anno…

«Sì, ma io ne spendo 18mila per tenere il giardino in ordine. Il trattore, la pota, il concime, l'antiparassitario… Tu mi chiedi perché i grandi proprietari, quelli che hanno almeno trenta ettari, impiegavano i neri in nero? Segna, che ti faccio due conti. Non dare retta alle fesserie che hanno scritto i giornali. Un bracciante, sia del Senegal, o polacco, o romeno, piglia un euro a cassetta. E alle 4 del pomeriggio staccano. Ho letto che i calabresi “negrieri” impiegavano gli africani anche 12 ore al giorno. Ma dove? Ma quando? È venuto in mente a qualcuno che alle 4 e mezzo del pomeriggio qui è buio? Torniamo ai conti. Un euro a cassetta, dicevamo. Facciamo una media di 30 cassette al giorno da 18 chili. Il proprietario dà al bracciante 30 euro. Gli deve pagare i contributi? Ce ne vogliono altri 12, 13. Arriviamo a 43 euro. Poi porta le arance a vendere e incassa 108 euro. Quanti gliene restano? 65. E la pota? E il concime? E le rate al Consorzio di bonifica per l'acqua d'estate?».

A storia chiusa, ora che gli sconquassi della settimana scorsa sono un ricordo, e le telecamere se ne sono andate, si prova a fare un bilancio, a distinguere il verosimile dal vero, a guardare le cose un po' più da vicino. La 'ndrangheta, per esempio. «Ma come si fa a sparare una fesseria come questa?» geme Filardo. «Che interesse pensa che possa aver avuto la 'ndrangheta nella rivolta dei neri? Glielo dico io: nessuno. Lei pensa che la 'ndrangheta possa avere interesse a lucrare sul lavoro di uno sventurato che guadagna 30 euro al giorno? Ma che fa, scherza? La mafia, se vogliamo dire com'è, era tra loro, tra i neri. Erano neri i caporali che distribuivano il lavoro giorno per giorno e incassavano 5 euro a cranio, altro che storie».
Vado a incontrare un amico a Gioia Tauro. Lo chiameremo Mimmo. Scendo verso il mare. Tre o quattro ristoranti-pizzerie che sbucano dal nulla, ai lati di uno stradone che dovrebbe essere un lungomare. Le palme, stracciate dal vento e fulminate dalla salsedine che le ha fatte diventare di un bel color nocciola ci sono, per esserci. La spiaggia anche.

Una settimana dopo i fatti di Rosarno, gli abitanti della Piana tornano a vivere la vita di sempre. «Un po' di imbrogli, un po' di raccomandazioni. Sperando di non ammalarsi», sintetizza Mimmo.
Per esempio. Da qui al porto di Gioia c'è un lungo, lunghissimo terreno spoglio. «Ottimo per impiantarci un'attività, vero?», dice Mimmo. «Peccato che i terreni siano tutti già prenotati dalla 'ndrangheta». Come funziona? «La solita truffa all'Unione europea. Prendi un terreno e ci costruisci un fabbricato. Poi compri i macchinari che ti servono. Li compri sulla carta, con fatture maggiorate o false. Al venditore paghi l'Iva e lui poi se li rivende in nero, quei macchinari. Poi assumi del personale. Intanto la pratica va avanti. C'è il fabbricato, ci sono le macchine, c'è il personale. Se hai speso anche centomila euro per pagare un prestanome sei a posto, perché qui si parla di 4, cinque milioni di euro a botta».

Meglio non prendersela. «Meglio - conviene Mimmo -. Perché magari ti viene una botta di nervi, e ti saluto. E qui con gli ospedali… Se vai al pronto soccorso di Gioia per un prelievo di sangue sai com'è no? Che per analizzarlo, il campione devono portarlo in ambulanza o con un'auto di servizio all'ospedale di Polistena, a venti chilometri».
E i risultati? «Li mandano per fax». Ci si potrebbe far operare, a Gioia, all'occorrenza. Le strutture ci sarebbero. «Ma una volta è un'infiltrazione d'acqua; un'altra è l'impianto elettrico… Per la Tac o la risonanza magnetica intanto devi andare a Palmi o a Polistena. Intanto però stai aspettando i risultati delle analisi del sangue che arriveranno via fax… Tanto vale andare direttamente a Reggio: agli Ospedali Riuniti. Tu dici la rivolta dei neri, le arance, la 'ndrangheta.

Ma qui si può morire anche per un'appendicite, prima che per un colpo di pistola. Dunque lo dico a te e ai tuoi colleghi che ogni tanto fate una capatina quaggiù. Ci sarebbero cose serie davvero, da raccontare. Altro che il sedicente "razzismo" di Rosarno, che è una roba che fa ridere i polli».

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