Di fronte ai minacciati ribaltoni e alla crisi politica che investe le nostre istituzioni il ministro Gianfranco Rotondi sorride divertito: «In fondo è la rivincita della Democrazia cristiana».
In che senso?
«La cosiddetta Seconda repubblica è nata per combattere il trasformismo che veniva considerato il male peggiore della vecchia Dc e invece...»
E invece i trasformisti oggi sono altri
«Già. Sono coloro che si sono fatti eleggere con il Pdl e che adesso chiedono addirittura le dimissioni del leader del partito da capo del governo. Ma è meglio che sappiano subito che un altro centrodestra senza Berlusconi non è possibile».
Anche se Berlusconi stesso facesse un passo indietro e indicasse qualcun altro per un nuovo governo di coalizione?
«È un’ipotesi che non sta in piedi per un paio di motivi. Il primo è che non avrebbe il nostro appoggio. Chi mi conosce sa che la prima parola è anche l’ultima e se le elezioni di due anni fa hanno indicato Berlusconi premier, solo nuove elezioni possono portare, eventualmente, un altro presidente del Consiglio».
E il secondo motivo?
«È nella prassi costituzionale. È vero che la nostra Carta è ancora quella del ’46. Le consuetudini, però, con l’avvento della cosiddetta Seconda repubblica, sono cambiate. È stato lo stesso Berlusconi a cambiarle con la sua discesa in campo. Ha introdotto lui l’elezione “diretta” del premier e le regole non possono essere stravolte a gioco iniziato».
In che senso Fini e Casini starebbero stravolgendo le regole?
«Futuro e libertà non esisteva fino a sei mesi fa. E dunque gli elettori non hanno dato il voto a questa nuova compagine. Inoltre gli elettori non hanno indicato soltanto una maggioranza ma anche un presidente del Consiglio».
Quindi non c’è futuro per il cosiddetto Terzo polo.
«Secondo me gli stessi Fini e Casini sanno che non è possibile la nascita di un Terzo polo. Sarebbero costretti ad alleanze improbabili che la piazza non capirebbe. Ma li vede allearsi con Vendola, Di Pietro e Bersani? Provocherebbero uno sdegno molto maggiore di quello che gli italiani hanno provato nel ’94. Lo ha capito lo stesso leader dell’Italia dei Valori che ha detto praticamente che fuori da questo governo c’è solo il voto. Una sensibilità per le nostre istituzioni che gli fa onore».
Passiamo ai numeri. È possibile un esito diverso dal voto alla Camera e al Senato?
«È possibile. In questo caso Napolitano si ritroverebbe a fare quanto già fece con la caduta di Prodi. Un mandato esplorativo al presidente del Senato e poi lo scioglimento delle Camere».
Quindi non c’è altra soluzione. O Berlusconi o il voto.
«Mettiamola così: al Senato Fini e Casini possono contare su 12 voti.
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