«Rotti i monopoli, ora salviamo il made in Italy»

Credo che l’argomento della subfornitura debba essere affrontato sia dal ministero sia da Confindustria che oggi rappresenta sia i clienti (Ferrovie dello Stato, Enel, Eni e via di questo passo) sia i fornitori (industria italiana iscritta alle varie federazione di Confindustria) perché ci sono situazioni che sono troppo spesso dimenticate quali:
1) Condizioni di pagamento: sono solo a favore di una parte, la più forte, e tra poco vedremo un fornitore che dovrà finanziare il cliente!
2) Termini di pagamento: c’è una legge sulla subfornitura che prevede pagamenti a 60 giorni ma la realtà è ben diversa
3) Condizioni contrattuali: a forza di clausole da legulei... firmare un contratto rischia di essere una condanna al fallimento per una piccola azienda
4) Garanzie Bancarie: i clienti chiedono ai fornitori adeguate garanzie bancarie... ma quando il fornitore va in banca, dove ha fatture da scontare, ha sempre più difficoltà ad avere le garanzie ed allora cerca di ricorrere ad una compagnia assicurativa... ma le garanzie assicurative spesso non sono accettate del cliente! Il sistema così si blocca!
5) Litigiosità: quasi tutti i contratti... finiscono dalla gestione dei tecnici alla gestione degli studi legali.
L’industrializzazione dell’Italia del dopoguerra e la realizzazione di grandi impianti chimici, siderurgici, come pure i settori della navalmeccanica e simili consentì a tante piccole e medie imprese di svilupparsi in un contesto dove i lavori avevano sempre prezzi remunerativi ed in alcuni casi si verificò, purtroppo, una specie di diritto acquisito per cui il fornitore faceva valere lo «Jus loci» e le grandi imprese Iri ed Eni ma non solo dovevano rivolgersi all’indotto locale anche se i prezzi non erano competitivi. Questo effetto si vede, purtroppo, ancor oggi non solo in alcune aree industriali del Sud ma anche del Nord dove in caso di mancati ordini devono muoversi industriali, sindacati, forze politiche per «dare lavoro» in loco; a quel punto si va verso rendite di posizione come nel caso dei porti dove fornitori qualificati non riescono a raggiungere il cliente finale ma devono passare attraverso una serie di intermediari. Dal 1993 le nuove norme europee hanno rotto certi monopoli consolidati ma il vero cambio di marcia, non sempre in positivo, è venuto con la discesa dei prezzi di alcune forniture a scapito della qualità dei prodotti.
In questo periodo molti uffici acquisti di grandi aziende pensavano che il fornitore fosse un pollo da spennare e si vantavano quando mostravano ai superiori contratti con riduzioni sul prezzo di offerta pari al 20-25%, pensavano che i risultati di qualità degli impianti da realizzare sarebbero stati gli stessi del passato ma non fu così. Oggi occorre che governo e Confindustria arrivino ad una difesa del «Made in Italy» che deve rispettare rigidi controlli di qualità e deve avere certificazioni «terze», deve garantire la disponibilità di ricambi e comunque non possiamo pensare di realizzare degli impianti di rigassificazione come quello di Rovigo utilizzando, per risparmiare ora carpenterie metalliche romene ora valvole cinesi! Gli impianti devono essere realizzati con fornitori super-qualificati e credo che anche le assicurazioni dovrebbero assicurare gli impianti solo se i clienti hanno ottemperato a tutti i criteri di qualità.
In tutto questo discorso... entrano le norme della Comunità Europea in vigore dal 1.1.1993 per cui oggi un fornitore romeno dovrebbe avere le stesse chance di uno italiano o francese. In particolare se il governo aiuta un’azienda con finanziamenti od incentivi... poi può pretendere che un’azienda acquisti prodotti di qualità, meglio se «Made in Italy» oppure in caso di gara e con un fornitore straniero con un prezzo più basso di uno italiano (ma a parità di qualità)... l’azienda deve fare il «last call» e solo se il fornitore italiano rinuncia... può procedere all’acquisto!
Qui non si tratta di difendere l’italianità a prescindere... come in passato... ma a difendere il «Made in Italy» che è apprezzato in tutto il mondo.
Inoltre i grandi gruppi pubblici devono fare gare europee... ma come mai a Lione gli autobus sono tutti Renault, a Monaco di Baviera sono tutti Mercedes ed a Genova abbiamo degli Scania o Von Holl?
È chiaro che le specifiche tecniche di acquisto della Amt di Genova... sono troppo generiche e non mirate su modelli o Breda od Iveco come invece accade in Francia ed in Germania!
Come mai la Cva acquista macchinario elettromeccanico in Cina mentre l’industria nazionale ha pochi ordini?
È chiaro che il problema deve essere affrontato non più su logiche assistenziali del tipo... «Io sono qui e mi aspetto ordini e lavoro... a prescindere dal mio prezzo... dalla Fincantieri...

» ma solo sulla qualità e se in Liguria ed in Italia abbiamo tante eccellenze dobbiamo dar loro le opportunità di lavoro e pretendere che i grandi gruppi tengano conto delle realtà nostrane prima di ordinare treni Taf in Slovacchia!

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