La routine di Napolitano

Commenti così freddi e frettolosi non meritava il discorso di Capodanno del nostro Presidente della Repubblica. Esso infatti è comunque significativo e mostra i concetti del suo aulico dissertare. Ingessato, distaccato, come un piccolo saggio di letteratura irenica, esortativa, questo saluto per il 2007 è un esercizio di linguaggio forbito che non tocca il cuore, l'immaginazione, le speranze soprattutto giovanili. È un leggero e superficiale invito al dialogo su temi noti con appelli di routine. Dire che i cittadini italiani non devono «allontanarsi dalla politica» significa sfiorare senza costrutto questa importante e corale questione se non si dice che cosa deve essere la politica, cioè una scelta di campo di democrazia e giustizia. Essere imparziale per lui soprattutto significa essere coerentemente per la democrazia e giustizia. Quindi occidentale e anticomunista.
Il nostro Presidente, lo sappiamo, è un politico di alta carriera e statura e per questo non possiamo cancellare la parola comunismo senza che essa sia oggetto di condanna e di rifiuto. Non gli chiediamo di non schierarsi per l'attuale maggioranza, ma di svolgere un ruolo per il futuro e non chiudere gli occhi di fronte alle palesi sconfitte e rotture del governo in carica. Pensiamo di consigliargli di non indulgere alle corde patetiche o a cartoline di luoghi diseredati come Napoli, ma di condurre una energica battaglia contro le violazioni della legge e contro gli usi e i costumi del degrado e dell'impazienza e di tracciare così una mappa del buon costume moderno e della esaltazione della legalità. Non ci spaventano i vibrati contrasti e il diffuso contraddittorio parlamentare, come rileva in un articolo equilibrato Salvatore Scarpino sul Giornale di martedì 2 gennaio. Per il potere di oggi e domani non chiediamo solo dei buoni dicitori o degli ottimi oratori. Ma anche dei buoni reggitori aperti alla realtà e alle urgenze della storia.


Le grandi questioni dell'attualità politica e umana come l'eutanasia, i Pacs e le parti fondamentali della bioetica, devono diventare incombenze nazionali affrontate con apertura e rispetto della religiosità tradizionale del nostro Paese e della sua antica civiltà. Faccia il Presidente la sua parte per rimediare anche alle storture del comunismo.

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