Parola dordine: diradamento edilizio. Che, per quanto riguarda il centro storico, significa «8-12 aree da spianare, per dare un segnale forte, un giro di vite contro il degrado e a favore della sicurezza». Per quanto riguarda il resto della città, invece, il diradamento si coniuga con lesigenza di «abbattere la diga di Begato, oggi occupata da meno di 200 persone», realizzando al suo posto nuovi quartieri a misura umana. La discontinuità di Marta Vincenzi, candidata «sindaca» dellUnione, si fa sentire nel momento in cui parte ufficialmente la campagna elettorale. Una coincidenza che lei utilizza con perizia mediatica, lanciando uno slogan («Inizia una nuova stagione»), un sito internet e un blog, «aperto - come sottolinea il regista Stefano Francesca - al contributo di tutti». Sui manifesti e sul web prevale limmagine rassicurante, in mezzobusto: sorriso aperto, capelli mossi finto-trasandato, trucco appena appena accennato, camicetta bianca e giacca grigia con impunture evidenti. Non mancano, in internet, le immagini scattate in salotto: stesso sorriso, ma una mise casalinga, confidenziale, regional-popolare. Sono canoni ispirati a Hillary Clinton più che alla periferia operaia. Non ne fanno mistero la stessa Vincenzi e il fido Francesca (che, a volte, si scambiano coltelli via espresso, pura dialettica fassiniana). «È la politica, bellezza» echeggia, alla maniera di Bogart, nel quartier generale della candidata. A proposito: guai a chiamarlo «point» come i berluscones. Marta elegge a dimore permanenti i nove punti di riferimento situati nelle circoscrizioni. Lì ci sarà sempre qualcuno a disposizione per spiegare, chiarire, approfondire: volontari, attivisti e candidati di lista, di tutti i partiti dellUnione.
«Sono espressione dellUnione - precisa Marta -. Uneventuale lista civica a me ispirata, io non la sollecito. E se la fanno, devessere veramente civica, e non composta da riciclati che non hanno trovato posto nelle liste dei partiti». Insomma: è solo la presentazione della campagna, ma lei, Marta, non ce la fa a risparmiarsi. Esterna a tutto campo, disegna strategie, si muove fra Amburgo e Bruxelles con la stessa facilità con cui affronta il nodo di San Benigno e la riqualificazione del Ponente. E ne dice, di cose da «eretica» della sinistra, prima di sterzare definendosi «autentica riformista». Impagabile, persino quando giura fedeltà al Terzo valico e subito lo liquida confessando: «Prima risolviamo i problemi della gente, poi ne parliamo». Detta anche le condizioni per la portualità: «Ci vorrebbe un unico gestore del trasporto ferroviario, anche straniero, cui affidare il sesto modulo di Voltri e anche il porto lungo, oltre Appennino».
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