RomaTre ore di discussione, anche accesa. Alla fine però Dario Franceschini annuncia il «grande risultato»: i ventuno eurodeputati del Pd andranno a sedere, insieme ai socialisti europei, nel gruppo Asde, Alleanza dei socialisti e dei democratici europei. Appena costituito sulle ceneri del Pse per far posto alla delegazione italiana.
Alla riunione del «caminetto» (termine confidenziale per indicare un organo non ufficiale ma decisivo, perché vi siedono tutti i capicorrente del partito) mancavano due pezzi da novanta come Massimo DAlema e lo sfidante di Franceschini, Pierluigi Bersani. Il protagonista del dibattito, come previsto, è stato Francesco Rutelli. Che ha sostanzialmente ripetuto le critiche e le obiezioni già anticipate lunedì in unintervista: «Non sono daccordo, e in direzione voterò contro». Il Pd, ha spiegato Rutelli, non può ripiegare sul modello del socialismo europeo, già usurato e «pesantissimamente sconfitto» nelle ultime elezioni. «Lo abbiamo concepito per essere molto più simile al Partito democratico americano che al Pse», e rinunciare a imboccare quella strada è sbagliato. Lex leader della Margherita ha criticato i principali gestori della trattativa sul gruppo europeo, in primo luogo Piero Fassino e Dario Franceschini, per aver lavorato invece in una sola direzione: «Nei venti mesi passati non si è fatto il necessario da parte di chi ne ha avuto la responsabilità per creare un approdo coerente con la grande novità del Pd».
Sapeva di essere in minoranza, anche se insieme al suo sono stati messi a verbale gli analoghi dissensi di Gentiloni, Susta e Vernetti. Mentre Giuseppe Fioroni spiega di aver «messo dei paletti», spiegando che ladesione allAsde deve essere «solo un punto di partenza» per la costruzione effettiva di «una nuova casa europea» dentro la quale anche la componente ex popolare possa sentirsi integrata e non «assorbita» dal vecchio gruppo socialista. Ma le obiezioni di Fioroni sono state frenate dalla posizione dellex segretario del Ppi Franco Marini: «Date le condizioni, Franceschini ha fatto il compromesso possibile. E il Pd manterrà la sua autonomia dentro il gruppo europeo».
A difendere a spada tratta la scelta, rispondendo punto per punto alle obiezioni di Rutelli e degli altri, è stato Fassino: «Non entriamo nel Pse: addirittura, abbiamo ottenuto lo scioglimento del gruppo, il cambio di nome e di logo, una grande autonomia di status e di bilancio per la nostra delegazione: più di così che cosa si voleva?».
Ora la parola passa alla direzione del 26 giugno, allindomani dei ballottaggi, ma il risultato è scontato. Anche perché il vero tema al centro della discussione non sarà la collocazione europea ma lesito elettorale e lapertura ufficiale della partita congressuale. Dalla quale Romano Prodi vuol restare fuori, o almeno così fa precisare alla sua ex portavoce (promossa deputata) Sandra Zampa: «Prodi non si schiera con nessuno tra i veri e i potenziali candidati alla segreteria del Pd, auspica però che il congresso si tenga al più presto». E che diventi «un confronto tra linee politiche e non tra personalismi».
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