Allora che ti meraviglii!, canta Gianna Nannini: e in tutta franchezza, che cè di strano o di nuovo nellapprendere che approssimandosi il congresso della Margherita raddoppiano i tesserati? Mancava la prova provata, lesame del Dna o il test al carbonio 14, per dimostrare al di là di ogni dubbio che il partito dallingestibile etichetta di «Democrazia è libertà - la Margherita», sia lunico erede legittimo della Democrazia cristiana? Ora cè. Rivela che son vivi e lottano insieme a loro i signori delle tessere, le anime morte e quelle sospese, i defunti e gli ospiti dei cronicari in servizio permanente quanto ignaro. Vedi che la Storia si ripete? E se nel bis finisce in farsa la colpa non è di Carlo Marx che lo annotava ma di Francesco Rutelli, di Franco Marini e Pierluigi Castagnetti che lhan praticato, secondo laccusa di Willer Bordon e dei prodiani.
Dunque, par che le 250mila tessere dellanno scorso sian già montate a 450mila. Al profano può sembrare una inutile gonfiatura, una truffa in stile Parmalat ma con soldi del Monòpoli, però in un congresso di partito le tessere son moneta sonante, perché alla base delle deleghe ci son le tessere. Così, chi ha arruolato quei 200mila tesserati a tambur battente, oltre al Tapiro doro - che doro non è - ha rastrellato un 40% dei mille delegati da inviare al congresso di primavera. «Sono arrivati gli uomini con la borsa: una delega di duemila voti vale dieci milioni di lire», confessavano i peones nel congresso di Roma del 76. Della Dc, ovviamente. Ma il tempo passa e le pulsioni resistono, è legge di natura. Poiché dal voto dei delegati al congresso discendono i rapporti di forza nel parlamentino interno e sul ponte di comando, il peso numerico delle correnti, le quote di ministri e sottosegretari spettanti. Tessere fa rima con truppe mastellate, manuale Cencelli e Scudocrociato. Da sempre e per sempre.
Ovvio dunque, che per moltiplicare pani e pesci si saccheggino gli uffici anagrafici, simbianchino lapidi e cippi funerari, lelenco del telefono diventi il libro più prezioso e compulsato. Come ai bei tempi. Ci provarono una volta nella Dc, i «rinnovatori», a mettere un freno al proliferar delle tessere stabilendo tetti territoriali e bilanciando le deleghe congressuali coi voti effettivi presi in quella zona. Niente da fare, le tessere fiorivano più delle ginestre e dei voti. Come oggi del resto, se Bordon denuncia che «in alcune situazioni il rapporto fra elettori e iscritti è decisamente fuori scala». Lunica differenza sta semmai nellentità del miracolo: ma da allora ad oggi i giganti son divenuti pigmei, a ulteriore dimostrazione che aveva ragione Marx
Sapete quante tessere poteva «spararsi» la Dc veneta di Mariano Rumor e Toni Bisaglia, che costituiva il nerbo del correntone doroteo? Contava 152mila iscritti nel 72, una sola regione quasi la metà dellattuale Margherita. A Rumor dunque toccava il ministero dellInterno se non il governo, e a Bisaglia quanto meno le Partecipazioni statali. E laltro pilastro doroteo, quello napoletano di Antonio Gava? Soltanto a Napoli, 35mila tesserati. Che sommati a quelli andreottiani di Paolo Cirino Pomicino e a quelli della sinistra interna di Ciriaco De Mita democristianizzavano lintera città. Ma don Antonio, accusato di far votare i defunti nelle sezioni democristiane di Napoli, rispondeva con solennità: «Sono i morti che tengono in vita a Roma i governi».
Tessere e truppe mastellate, facevano vincere i congressi. I pullman di sostegno ceran sempre stati ma Clemente Mastella, che allora era il braccio destro di De Mita, aveva portato il fenomeno al parossismo con decine e decine di pullman irpini e sanniti quando alla tribuna era atteso il suo leader. Tantè che di quel combinato disposto, deleghe taroccate e spalti urlanti, la Margherita ha ancora bisogno.
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