S. Cecilia Lupu e il Bartók del «tramonto»

Ci eravamo abituati ad ascoltarlo e ad amarlo soprattutto in Brahms e Schubert, suoi autori d’esordio e d’elezione. Da tempo si è avvicinato a Beethoven, e, di recente, nel repertorio di Radu Lupu c’è entrato anche Béla Bartók, sebbene con pochi pezzi, fra i quali il Concerto n.3 per pianoforte e orchestra che ora porta a Roma, e con il quale s’è presentato ai primi di novembre davanti al pubblico milanese della Filarmonica scaligera, sotto la direzione di Daniel Barenboim.
Il destino di Bartók è abbastanza singolare. Di lui tutti, critici e appassionati, tessono elogi incondizionati, apprezzando particolarmente il cammino solitario e personale che ha aperto alla musica colta del Novecento, senza tagliare i ponti né con la grande tradizione storica né con il folklore più autentico del suo paese e dei Balcani in generale, per il quale è unanimemente riconosciuto come uno dei pionieri nella ricerca etnomusicologica condotta sul campo. Eppure egli attende ancora di entrare stabilmente nel repertorio sia cameristico che sinfonico, e anche in quello operistico. Insomma tutti lo stimano, ma poi alla fin fine sono pochi gli estimatori convinti fra gli interpreti, sui quali fare affidamento per la conoscenza e diffusione della sua musica.
Cosicché, ancora oggi, ogni esecuzione delle sue opere è una rarità, seppur preziosa. Come questo Concerto n. 3 per pianoforte e orchestra, che ha una storia singolare. Scritto negli Usa, nell’ultimo anno di vita (1945), destinato a sua moglie, la pianista Ditta Pasztory, e per questo sicuramente meno difficile tecnicamente degli altri, lasciato incompiuto per la strumentazione, nelle ultime battute, e completata dal suo amico e allievo, Tibor Serly, fu presentato in prima mondiale l’anno successivo a Philadelphia, da uno dei suoi allievi prediletti, Gyorgy Sandor che divenne l’interprete di riferimento per molti anni e che gli era stato vicino fino alla fine; direttore Eugene Ormandy.
Il concerto, nel gusto «neoclassico», melanconico, trasparente nella melodia come nella scrittura strumentale, nei classici tre movimenti, e quello centrale di dolcissima fattura, intitolato «adagio religioso» costituirà un banco di prova congeniale a Radu Lupu, per la sua tipologia di interprete.


Il concerto, diretto dallo scozzese Donald Runnicles, attivissimo negli Stati Uniti, si aprirà con una poco nota ouverture beethoveniana, l’ouverture dalle musiche per il balletto Le Creature di Prometeo, e si chiuderà con il coloratissimo poema sinfonico di Richard Strauss, intitolato Una sinfonia delle Alpi.
Auditorium. Sala Santa Cecilia. Oggi alle 18), lunedì 8 (ore 21), martedì 9 (ore 19,30). Info: 068082058.

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