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Per S. Cecilia una trasferta di successo

Pietro Acquafredda

«L’asse Roma-Dresda è realtà consolidata; i destini delle due città si sono intrecciati attraverso secoli di storia ed arte non solo musicale, ma pittorica ed architettonica», ha sottolineato il direttore artistico del festival quando ha ufficialmente ringraziato l’Orchestra dell’Accademia per il magnifico concerto, diretto da Antonio Pappano e ha rilevato il calore con cui le ultime note dello Stabat Mater di Rossini sono state salutate dal pubblico che aveva esaurito tutti i posti della bellissima Semper Oper.
Roma, quest’anno ospite ufficiale del festival, giungeva nella storica capitale della Sassonia, che negli anni passati aveva ospitato Amsterdam, Parigi e Lisbona; e, di rimando, Dresda prelevava alcune famosissime opere pittoriche dal suo ricco museo d’arte e li inviava alla Galleria Borghese ed alle Scuderie del Quirinale, dove in questi giorni sono esposti.
Tuttavia il successo come pure l’affluenza di pubblico nella magnifica sala da 1.300 posti dall’acustica perfetta, non erano affatto scontati pur se meritati; su quel medesimo palcoscenico poche ore prima, alle 15.30, avevano suonato i Berliner Philharmoniker guidati da Rattle; perciò ben due concerti sinfonici nel medesimo pomeriggio in una città che supera di poco i 400mila abitanti, ai quali vanno aggiunti ovviamente i tanti turisti che la visitano, italiani compresi che a Dresda si sentono come a casa.
L’Accademia, profittando della trasferta tedesca, ha presentato ad un nutrito gruppo di operatori turistici, il programma della sua prossima stagione, ricevendo l’assicurazione che nei pacchetti di viaggio prossimi troverà posto almeno una serata ceciliana nel nuovo auditorium che genera in tutto il mondo invidia, che noi ripaghiamo con altrettanta invidia quando pensiamo all’acustica perfetta di tante belle sale, oltre che della Semper Oper (dal nome dell’architetto che la progettò Gottfried Semper), dove anche un soffio conserva la sua consistenza sonora, come abbiamo colto nel sussurrato e raccolto Ave verum mozartiano, e dove anche il suono del più tumultuoso trambusto orchestrale resta sempre chiaro, mai distorto.
Con Rossini, di fronte alla cui straordinaria fantasia musicale vien ogni volta da stupirsi, si chiudeva il programma. Con il suo Stabat Mater, opera mastodontica di un musicista che pur avendo detto definitivamente basta all’opera, ogni volta che mise la testa fuori dal suo esilio volontario, mandò tutti in visibilio, come fece puntualmente con questa magnifica «sequenza» oltre che con la Petite Messe solennelle, capolavoro dei capolavori. Nello Stabat, l’orchestra e coro sono affiancati da quattro solisti: Emma Bell, Toby Spence ed Alex Esposito, capitanati dall’ottima Sonia Ganassi.

Pappano si è ancor una volta confermato direttore di razza, qualunque cosa faccia; ma di razza superiore quando alza la bacchetta su repertori che, quale che sia la modalità, hanno rapporti con il teatro. Pappano in tal caso si conferma inimitabile e l’orchestra lo segue, meritandosi il bel successo di Dresda.

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