Saccà e quei sospetti sul giornale di Mauro

Saccà e quei sospetti sul giornale di Mauro

nostro inviato a Napoli

Nonostante l’archiviazione incassata nell’inchiesta sulle «raccomandazioni in Rai», Agostino Saccà non riesce a darsi pace. Ancora ieri, nell’intervista al Giornale, annunciava che sarebbe andato a fondo sulla violazione del segreto istruttorio che permise a Repubblica di anticipare il contenuto delle intercettazioni con Silvio Berlusconi disposte dalla procura partenopea. Non sapeva, però, che quell’inchiesta trasferita per competenza da Napoli a Roma per il presunto coinvolgimento di magistrati campani, era già stata archiviata. Il gip capitolino Mario Frigenti, infatti, il 12 novembre scorso aveva accolto la richiesta d’archiviazione del pm Roberto Cucchiari, richiesta che sollevava comunque curiosi interrogativi sulla permeabilità della procura di Napoli. Nell’evidenziare che dalle «indagini esperite» non erano emersi «elementi utili all’identificazione dei responsabili», il pm Cucchiari osservava: «È pacifico che l’articolo del giornale conteneva riferimenti e accertamenti istruttori che al momento della divulgazione dello stesso dovevano considerarsi coperti dal segreto investigativo; che in effetti il deposito dell’avviso del 415 bis (la conclusione delle indagini, ndr) avviene contestualmente; che in ogni caso il giornalista aveva sul suo telefono utenze cellulari e dell’abitazione di numerosi magistrati della procura di Napoli, ivi compresa quella del dottor Piscitelli, titolare del procedimento a carico del dottor Saccà (che però non risulta essere stata chiamato); che risulta provato che il giornalista in quei giorni si trovava a Napoli» eccetera eccetera. «Di talché - continua il pm - potrebbe aver avuto l’occasione di apprendere direttamente i fatti da magistrati» ma anche da «avvocati e operanti di polizia giudiziaria». Questo perché gli atti, per pochissime ore, l’11 dicembre sarebbero diventati pubblici, e quindi pubblicabili, per l’avvenuto deposito degli atti.
Agostino Saccà s’è opposto a questo modo di ragionare. Dal suo esposto: «Fin dal primo articolo apparso il 12 dicembre 2007 mi sono meravigliato di come il quotidiano potesse aver avuto accesso a notizie il cui oggetto era stato argomento del mio interrogatorio che il pm aveva dapprima segretato e poi depositato in data 11 dicembre, notificandolo via fax lo stesso giorno». Non solo. Sempre il giorno precedente a quello del primo articolo, «alle ore 14.01 il mio difensore ha ricevuto via fax dalla procura di Napoli, sempre a firma del pm Piscitelli, avviso di conclusione delle indagini preliminari. Ho avuto difficoltà a comprendere le motivazioni che potevano aver spinto il pm a usare il fax per la notifica di un provvedimento per il quale non esisteva alcuna ragione di urgenza. La giustificazione - continua Saccà - l’ho compresa solo la mattina del 13 dicembre quando la Repubblica ha pubblicato in prima pagina e a tutta evidenza» l’articolo incriminato con i riferimenti alle telefonate con Berlusconi. Per Saccà, allora, è assolutamente legittimo il sospetto che le notizie siano fuoriuscite dall’ufficio della procura, nonostante la notifica dell’avviso di conclusione indagini. Un modo di fare, e di procedere, «quantomai raro e inusuale» commenta sarcastico l’avvocato Marcello Melandri, difensore di Saccà. Un dato di fatto che comunque autorizzerà il gip Frigenti a mandare pratica e sospetti in archivio: «Non si può anteporre l’avvenuta rivelazione a momento antecedente il deposito - taglia corto - essendo tale circostanza oggetto di mero sospetto non supportabile da alcun riscontro». Guai a pensar male, dunque.
Guai a far dietrologie sugli accertamenti della Guardia di finanza disposti da un arrabbiatissimo procuratore capo Giandomenico Lepore, che con sorpresa s’è imbattuto nelle telefonate fatte dal giornalista a vari magistrati, tra cui l’ex procuratore aggiunto Paolo Mancuso: il 10 dicembre, alle ore 13.04, «su un’utenza presumibilmente in uso a Mancuso ma intestata a un dipendente della casa circondariale femminile di Arezzo, dove il predetto potesse essere contattato»; il giorno 11 dicembre, alle ore 20.38 e alle 22.52, «sull’utenza intestata al figlio di Paolo Mancuso».

L’avvocato Giuseppe Fusco, vecchio amico e legale di Mancuso, al Giornale ha escluso che il magistrato possa essere stato mai indagato. «Abbiamo controllato un mese fa perché messi in allarme dall’avvocato di Saccà. Ma non risulta nulla, e anche Paolo (Mancuso, ndr) è all’oscuro di tutto».

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