Sacconi: "Chi perde il posto di lavoro non verrà lasciato solo"

Il titolare al Welfare: "Avremo risorse più che sufficienti per i sussidi. Raddoppiati i fondi per gli ammortizzatori". Il consiglio di Tremonti: "Investire in Bot e Cct"

Sacconi: "Chi perde  
il posto di lavoro  
non verrà lasciato solo"

Roma - Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro, il 2009 sarà veramente l’anno più duro per l’occupazione?
«Non si possono fare previsioni adesso».

Ma la Cisl ha calcolato che la crisi finanziaria ci porterà in dote quasi un milione di disoccupati...
«In cuor nostro possiamo avere un’idea, fare delle previsioni, ma è sbagliato parlarne ora perché in questi casi il rischio è che timori diventino cifre e poi le cifre si trasformino di nuovo in timori».

Se, come dice lei, le peggiori aspettative rischiano di autorealizzarsi, il governo come pensa di affrontare l’emergenza?
«Avendo ben presente la dimensione umana di questa crisi finanziaria ed economica. Anche perché il principale modo per superare questo momento è proprio puntare sulle persone. È un tema che sarà affrontato anche ad un G8 allargato. E la sfida per tutti i Paesi è fare in modo che i lavoratori escano da questa grande crisi non indeboliti, ma più attrezzati per il futuro».

A proposito di crisi, è vero che ha prospettato un rischio Argentina per l’Italia?
«Ma per carità. Non parliamone più, una discussione sul nulla. Ho parlato del vincolo di debito con degli studenti. Tutto qua».

Aveva parlato della sfida per fare uscire famiglie e lavoratori dalla crisi. Come vi muoverete?
«Con i sussidi, ma anche con un investimento sulle competenze delle persone».

Si riferisce al rafforzamento degli ammortizzatori sociali contenuto nel pacchetto anti crisi o ad altre misure che verranno decise in seguito?
«Nel decreto già approvato c’è una prima quantità di risorse che superano il miliardo di euro che è destinata a proteggere il reddito, non solo dei lavoratori a tempo indeterminato, quello dei cosiddetti lavoratori stabili, ma anche degli apprendisti, dei cosiddetti interinali, di coloro che hanno un contratto a termine. E si arriva per la prima volta anche a una sorta di assegno di reinserimento per collaboratori a progetto che sono e devono essere dei lavoratori indipendenti».

Sono nuovi ammortizzatori?
«Li abbiamo chiamati ammortizzatori sociali in deroga. E con un accantonamento più che doppio rispetto a quello usuale. Poi abbiamo cercato di promuovere il concorso delle parti sociali nelle piccole imprese attraverso il finanziamento di organismi bilaterali che si impegnino ad aggiungere una quota aggiuntiva rispetto all’indennità di disoccupazione».

Ci dobbiamo aspettare un altro piano per i disoccupati? Il ministro Giulio Tremonti mercoledì ha creato molte attese dicendo che il prossimo sarà l’anno degli ammortizzatori sociali...
«Adesso si apre un negoziato con le regioni con l’obiettivo di ripartire, riorientare e utilizzare al 100 per cento e in modo più qualificato i fondi europei».

Si parla di 2-3 miliardi da sbloccare. Tutti al sostegno dei lavoratori che perdono il posto?
«Sono risorse che avranno una duplice destinazione, una parte alle infrastrutture e l’altra al capitale umano».

Saranno sufficienti?
«Se raggiungeremo l’accordo con le regioni, le risorse saranno più che sufficienti».

Anche per affrontare l’annus horribilis che tutti temono?
«Anche nel caso in cui si dovessero realizzare le peggiori previsioni».

E quali misure finanzierete con i fondi europei?
«Ci sarà una trattativa, ma dovremo fare in modo che le risorse vadano veramente a chi perde il lavoro. Integrando i sussidi con modi innovativi per incrementare le competenze delle persone».

In parte i fondi europei già oggi sono destinati alla formazione. Cosa cambia?
«Fino ad ora i fondi per la formazione sono stati più che altro la festa dei formatori. Bisogna invece evitare ogni spreco, ogni destinazione infruttuosa o peggio ancora fraudolenta. D’ora in poi il lavoro sarà parte integrante del processo educativo. Bisognerà riconoscere l’impresa come il luogo potenzialmente più idoneo per l’apprendimento. Adesso si dà per scontato il contrario. Infine la formazione non andrà verificata con certificazioni dei corsi frequentati, ma con veri e propri test».

Oltre agli ammortizzatori sociali in deroga, pensate ad altre misure per i lavoratori precari?
«Più che per una tipologia di contratto noi siamo preoccupati per i lavoratori adulti. I 40-50 enni con famiglia e magari poco qualificati. Quelli che, se perdono il lavoro, hanno più difficoltà a ritrovarlo. Se poi hanno un contratto a tempo, a termine o indeterminato conta poco. Se chiude una fabbrica diventano tutti precari».

L’idea di un sussidio generalizzato non le piace?
«Ho visto che lo propongono alcuni economisti che non sanno fare di conto. Sono come Maria Antonietta, promettono le brioche al popolo che non ha il pane».

Nei giorni scorsi lei ha detto che bisognerà non sprecare le risorse per gli ammortizzatori.

Come pensa di evitare abusi, magari da parte delle imprese?
«Coinvolgendo le regioni e le parti sociali dei territori attraverso gli organismi bilaterali. Dovranno fare in modo che i licenziamenti o le sospensioni dal lavoro si producano solo quando sono l’inesorabile conseguenza di una chiusura aziendale o di una ristrutturazione obbligata».

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