Gabriele Villa
Chirurgia plastico-ricostruttiva: una strada delicata sulla quale ci si può avventurare solo con perizia e scrupolo. Cercando prima di tutto di non tradire le speranze dei pazienti seminando false promesse e attese esagerate. «A volte - dice il dottor Luciano Lanfranchi - l'impresa più facile non è maneggiare il bisturi per intervenire dove non ci si piace, ma convincere chi vuole sottoporsi a un intervento di questo tipo ad accettare anche i suoi difetti». Se parliamo di facelift, allora il dottor Lanfranchi, 43 anni, potrebbe muoversi con disinvoltura con il bisturi della sua passione non solo per wrappare o tunizzare maniglie dell'amore, seni o addomi generosi, ma anche per intervenire su calandre e spoiler. Solo che lui, tra i più affermati chirurghi plastico-ricostruttivi che, pur di base a Milano opera regolarmente negli Emirati Arabi, il bisturi lo usa (almeno per ora) solo per lavoro.
«Ho imparato l'italiano sfogliando le riviste di auto. Avevo 16 anni e non aspettavo altro che arrivassero a Buenos Aires, dove sono nato e vivevo con i miei genitori, per sapere tutto sui nuovi modelli e documentarmi con i vari test-drive». Oggi l'italiano lo parla molto bene, ma le prime parole che ha imparato nella nostra lingua sono state sterzo, avantreno, carburatore. Ma torniamo al facelift che, in tutte le sue declinazioni, resta nella pole position del cuore per il dottor Lanfranchi che, ammirando e studiando in ogni dettaglio, la Huayra creata dal suo connazionale Horacio Pagani, ha avuto un'illuminazione: sovrapporre le sue conoscenze mediche sui profili umani alla aerodinamica delle vetture. Un apparente azzardo se è vero come è vero che, dopo aver visitato più di una galleria del vento e aver stretto amicizie con ingegneri e tecnici di Maserati, Lamborghini e della stessa Pagani, si è messo al lavoro, domenica dopo domenica, per 18 mesi, per creare con cooler e glicerolo polverizzato la «sua» galleria del vento. «Volevo metterci dentro dei profili umani e, ottenuta una simulazione credibile, ho scattato una sequenza di immagini significative che sto portando nei nostri congressi assieme ai miei abstract».
La tesi del dottor Lanfranchi? La galleria del vento come mezzo per ammirare in modo più originale la bellezza dell'anatomia umana, coglierne l'aerodinamica attiva e passiva per evidenziare ciò che succede col passare del tempo. «Già, perché - spiega - con gli anni i flussi del viso tendono a convergere verso il torace in quanto c'è un cedimento dei tessuti molli della faccia, quindi questo assetto determina un rallentamento della dinamicità, mentre quando si è giovani i flussi tendono a defluire dal viso verso i lati regalandoci quindi un Cx nettamente migliore. Solo che il decadimento di un'auto si può correggere, mentre noi chirurghi non abbiamo i pezzi di ricambio come i meccanici e i carrozzieri, ma dobbiamo crearli spesso con gli stessi tessuti dei pazienti, e il risultato non è scontato né prevedibile. Ci sono troppe variabili. Perciò quando un paziente non si piace, come prima cosa gli dico: guardi se perde tot chili lei abbassa almeno di un secondo e mezzo il tempo sul giro, dopodiché valuterà se farsi operare o no. Le assicuro che questo è un messaggio che tutti capiscono. «Sapete perché metto sempre la Huayra nelle mie presentazioni ? Perché, per me, è il più comprensibile ed evidente esempio di aerodinamica attiva esattamente come quel tipo naso che, quando si sorride mostra una punta in tensione che fa pensare anche alla Ferrari 488 pista con l'S-Duct anteriore, lo spoiler e i profili estrattori al posteriore, o al sistema Ala della Lamborghini Huracàn Performante.
Rialzare la punta di un naso significa stabilità e tenuta. In buona sostanza, migliorare la performance, ovvero farti respirare meglio». L'anatomia di un'auto secondo il chirurgo innamorato dell'auto? «Velocità, tecnologia, sound, ingegneria, gomma, odori. Poesia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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