Qualcuno provveda, non c'è tempo da perdere. Qualcuno si decida, diamine. Chiamate i marines, adunate i lagunari, paracadutate mezza Folgore, ma, per carità, salvate al più presto il soldato Antonio Di Pietro. È accerchiato, isolato, contestato. È un uomo solo. Ma, purtroppo, anche se è convinto di esserlo ancora, non un uomo solo al comando come lo era Fausto Coppi. Perché a inseguirlo, a stargli con fiato sul collo, deciso ad approfittare anche del suo più piccolo errore, c'è Luigi De Magistris, che può contare, per agguantarlo, prima o poi, su due fedeli gregari che corrono con la stessa maglia dell'Idv: Sonia Alfano e Giulio Cavalli. Certo lui, l'eroe che ha ripulito un sacco di mani sporche, resiste. Replica, contrattacca e si batte da par suo per cercare di non far ingiallire l'immagine del condottiero, in sella al suo trattore, che eravamo abituati a conoscere.
Ma la domanda è: per quanto tempo resisterà? L'altro giorno a Matera, proprio nella sua Basilicata, ha raccolto più monetine che consensi. Monetine lanciate da contestatori mentre entrava, in forte ritardo, al cinema comunale, dove era previsto il suo comizio. Nemesi storica o legge del contrappasso che sia, l'accoglienza riservata all'ex pm ha richiamato inevitabilmente alla memoria quella che fu tributata a Bettino Craxi nel 1993, ma noi non ci stiamo, e per rincuorare l'immarcescibile Tonino gli ricordiamo almeno due differenze sostanziali. La prima è che Craxi, in quell'occasione, «usciva» dall'hotel Raphael mentre lui, avant'ieri, «entrava» al cinema, e la seconda differenza è che, svalutazione a parte, quelle contro Craxi erano ancora lirette, mentre quelle lanciate contro di lui saranno stati almeno quartini di euro.
Resta il fatto che, amareggiato dall'incasso, il leader dell'Italia dei valori si è dovuto accontentare di applausi già registrati (si legge sull'internettiano Il Tribuno.com) come se si trovasse dentro una sit-com. Invece no, macché, è il protagonista, suo malgrado, di un dramma cui nessuno avrebbe voluto assistere. Già, perché se Di Pietro fosse dentro una sit-com si potrebbe anche sorridere. Anche il Cavaliere potrebbe sorridere, guardando con espressione di paterna comprensione quel discolo venuto su da Montenero di Bisaccia che, da un anno a questa parte, si è rivelato uno dei suoi migliori alleati. Perché Di Pietro ha saputo scegliere con fiuto invidiabile, fra i suoi eletti, coloro che poi sarebbero diventati gli «eletti» di Silvio Berlusconi e del centrodestra. Un fiuto antico, il suo. Ricordate Valerio Carrara? Eletto con l'Idv al Senato, il primo giorno di legislatura passò col centrodestra. Poi Sergio De Gregorio, sì uno di quelli che fece cadere il secondo governo Prodi. Poi Pino Arlacchi. Poi Americo Porfidia. Tutti finiti con Berlusconi.
Quindi inutile scandalizzarsi dopo l'ultima virata di Scilipoti e Razzi perché basta annotare che dei 29 eletti alla Camera nel 2008 con l'Idv ben sette se ne sono andati, direzione gruppo misto (a parte uno, Touadi, finito nel Pd). Mettiamola così: altro che partito d'opposizione, l'Idv è un serbatoio di vitamine troppo prezioso per il governo. Giusto quindi dispiacersi se nel 2010 Antonio Di Pietro ha collezionato istanti imbarazzanti ma anche istantanee scomode. Rammentate? Tra febbraio e marzo sono uscite sui giornali prima quattro foto, scattate il 15 dicembre del 1992 con Di Pietro a tavola, in una caserma dei carabinieri, con alcuni ufficiali dei servizi segreti, fra cui Bruno Contrada e uno 007 americano. Poi Panorama ha spiattellato in copertina la fotografia scattata sul Mar Nero, di Di Pietro di nuovo a tavola, con un multimilionario in odor di mafia.
Insomma un 2010 con troppi bassi e ben pochi alti come testimonierebbero anche i sondaggi di questi giorni secondo cui l' Idv naviga tra il 4,5 e il 7 per cento.
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