Economia

Salza: «Italia senza grandi imprese»

Cardia: «Un errore l’intervento del ministero dell’Economia nelle scelte di spesa della Consob»

Salza: «Italia senza grandi imprese»

da Milano

Enrico Salza, presidente del Sanpaolo Imi, all’insegna della provocazione ieri, al convegno di Baveno sulla politica economica. Le grandi industrie italiane? si è chiesto: «Ne avevamo dieci: cinque sono fallite, tre traballano e due appartengono allo Stato. È venuto il momento, per la competitività della nostra economia, di fare crescere le 300-400 medie aziende migliori. Piccolo sarà anche anche bello - ha detto ancora Salza - ma, con tutto il rispetto per le Pmi, che sono senza dubbio importanti, la finanza deve sostenere quelle aziende di medie dimensioni che abbiano progetti e capacità di crescere».
E a proposito di finanziamenti alle medie imprese, ma non solo, Salza ha aggiunto: «Non vorrei essere troppo drastico, ma credo che oggi siano soprattutto le imprese a dovere dimostrare una maggiore capacità di utilizzare in modo produttivo le risorse a loro disposizione applicando una più ferra disciplina del debito. In Italia di credito alle imprese da parte delle banche ce ne è tantissimo - ha detto - è giusto che il credito se lo prenda chi se lo merita e respingo al mittente le accuse infondate sulla mancanza di credito. Semmai è il mercato che decide a chi darlo. In Italia di credito ce n’è tantissimo e non mai costato così poco, anzi, - ha concluso provocatoriamente Salza - tra breve pagheremo noi per concederlo alle imprese».
Il convegno di Baveno è stato l’occasione anche per un confronto sulla Finanziaria che ha cambiato il sistema di finanziamento della Consob. Il presidente della Commissione Lamberto Cardia ha detto che è «un errore aver stabilito che il ministero dell’Economia debba decidere sia il fabbisogno dell’istituto e sia il quantum spettante alle singole categorie». Secondo Cardia, ci sarà ora un problema di autogestione perché fino ad oggi la Consob ha avuto dei finanziamenti provenienti per un terzo dall’Erario (circa 23 milioni di euro) e per due terzi dal mercato (circa 50 milioni di euro): «La Finanziaria ha invece stravolto il tutto prevedendo l’autofinanziamento facendo venir meno l’apporto dell’Erario». Questo, secondo Cardia, potrebbe portare ad un raddoppio degli oneri per le aziende quotate.
«Non ritengo corretto che il sistema venga a stabilire il nostro fabbisogno e, per di più, le quote per le singole categorie.

Questa norma - ha concluso - deve trovare un recupero dal punto di vista dei princìpi».

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