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San Francisco addio. Fuga dall'invivibile città californiana

Speculazioni edilizie, prezzi alle stelle, tasse locali da incubo: oggi è un posto solo per ricchi, sparita la middle class. Triplicati i residenti che se ne vanno

San Francisco addio. Fuga dall'invivibile città californiana

«Acropoli bianca e dorata contro il blu dell'oceano Pacifico, è l'immagine di un villaggio medievale italiano esistito soltanto nei sogni di un pittore». Così John Steinbeck, domiciliato a Salinas, duecento chilometri più a sud, descriveva la meravigliosa San Francisco. Città con pochissimi difetti, a parte le sue estati fredde e umide, tanto da ricordare l'inverno allo scrittore di Furore, Frisco è stato l'epicentro di infiniti cambiamenti e avvenimenti storici e sociali, dalle battaglie nazionali dei diritti civili alla protesta contro la guerra in Vietnam dei figli dei fiori, fino all'esplosione dell'economia informatica che, dagli anni Sessanta, ha coperto la metropoli di miliardi di dollari.

Fu allora che tutti vollero abitarla e arrivarono, oltre agli ingegneri in camicia bianca, cravattino e medagliere di biro, molti artisti, musicisti e attivisti gay. I nerd della nuova disciplina dei pc, attratti da sostanziose offerte dell'attigua Silicon Valley, erano wasp, americani bianchi, progressisti, che, cinquant'anni dopo, tra successi e cadute, ora vogliono darsela a gambe, rapinati dalle tasse.

Decenni di incontenibili speculazioni edilizie, gigantesche avidità immobiliari di emiri arabi, innumerevoli scandali di corruzione pubblica, aumenti smodati delle tasse comunali e frequenti incendi infernali ne hanno oscurato l'attrattività e sputtanato il mito, sgonfiando il desiderio di abitarci. Per non dire della costante e incombente promessa di morte del Big One: l'apocalittico terremoto da almeno due secoli, secondo i sismologi, ha un appuntamento con la città. Potrebbe, in soli dieci minuti d'ira, disintegrarla, sollevarla di trenta metri dal suolo e scaraventarla nel ventre del Pacifico con tutti i suoi 880mila abitanti. E, allora, bye bye Frisco, addio alla ragazza che tutti gli americani vorrebbero conquistare e che tutti i viaggiatori vorrebbero rivedere, prima di morire.

La metropoli è passata da momenti di benessere per quasi tutti, alla macro e micro criminalità degli anni Ottanta di chi era fuori dal business dei computer. Ruspe selvagge, per volere dei palazzinari californiani, hanno piallato gli antichi quartieri degli immigrati europei e asiatici, con l'aiuto del devastante terremoto del 1989 che aprì la strada all'eliminazione di tutto ciò che non fosse antisismico. Al posto delle casette di legno, sorsero edifici di cemento armato, con le fondamenta elastiche, capaci di oscillare, come la famosa Transamerica Pyramid, il grattacielo costruito nel 1969 dall'architetto William Pereira, in grado di dondolare senza mai venire giù. E a castigare i portafogli dei suoi abitanti, ci pensa il Comune: la California non può ricostruire le case distrutte da sismi o incendi e quindi impone ai proprietari costosissime polizze sugli immobili (+250% dagli anni Ottanta) e chi non è in regola va in galera.

Poi c'è la council tax, la gabella per acqua (costa venti volte più di Boston), l'immondizia, l'illuminazione. Si paga ogni mese e in alcune zone vale come uno stipendio medio italiano, tanto che negli ultimi due decenni, il 70 per cento dei pensionati ha dovuto vendere perché non era in grado di mantenere quel tenore di vita e di spesa. Dal 2000 sono stati creati oltre 676mila posti di lavoro, ma soltanto 176mila nuove abitazioni. E i prezzi sono schizzati in alto. Nella metropoli con le leggi più progressiste, la società è divisa tra chi ha troppo e chi quasi nulla. I prezzi hanno sfondato da anni il tetto massimo, più di Zurigo. Nel quartiere di Castro, il più ambito, quello che ancora conserva le casette di legno bianco e i tetti dipinti di azzurro, nel 1965 il 24 per cento dei residenti era afroamericano, oggi è il 5,5: i suoi chalet del XIX secolo, tre camere da letto, una cucina, un salotto e due bagni costano dai sei milioni di dollari in su.

Il New York Times ha scritto che da almeno un decennio «San Francisco è pronta a esplodere, arricchendo tutti, ma nessuno ne è particolarmente convinto». I residenti che hanno abbandonato la città sono triplicati dal 2005 e ora a San Francisco una persona ogni 11mila abitanti è un milionario. Le agenzie immobiliari ti prendono in considerazione soltanto se dimostri di avere uno stipendio annuo, netto, di 590mila dollari.

Poi, c'è la questione della popolazione: è la meno variegata a livello demografico in America, segno che qui per afroamericani, latini, arabi e asiatici i costi sono un tabù. I Democratici che la governano dal 1968, e male, hanno prodotto una gentrificazione selvaggia e ora San Francisco non è una città per il ceto medio, ma soltanto per giovani white liberals che hanno cacciato via i nuovi poveri. I Dem, colti a rubare, sono tutti riconfermati perché un san franciscan non voterebbe mai repubblicano.

San Francisco occupa un'area relativamente piccola, 120 km quadrati contro i 1.300 di Los Angeles. Sotto l'influenza dello sviluppo ed espansione della Silicon Valley, nella seconda ondata anni Novanta, le principali Internet Company si sono concentrate a sud della città: parchi industriali, atenei d'ingegneria informatica, contribuendo a un nuovo inarrestabile aumento dei prezzi. A San Francisco c'è una delle più alte popolazioni di senzatetto degli Usa: 7.500 homeless su 880mila residenti, quasi uno ogni 100 persone. Le attività commerciali storiche hanno chiuso perché gli stipendi sono troppo bassi per vivere in città: spesso vendono i locali ai fondi di investimento che ci costruiscono appartamenti di alta fascia.

Questo sviluppo non è stato sostenuto da adeguati piani per controllare i prezzi degli affitti e mantenere il numero di case a disposizione degli abitanti.

Ex città di poeti e rivoluzionari, della cultura nera e della controcultura, ora tutto è in mano alla finanza virtuale che decide chi può abitarla, la parola d'ordine è leaving! Andarsene via.

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