Roma

Sant’Antonio tutto da gustare 

La polenta come si faceva un tempo, cotta dentro «jo callaro». A Jenne, piccolo centro montano posto su di uno sperone del Monte Pratiglio, a circa 835 metri sul livello del mare, si festeggia Sant’Antonio Abate detto «favaro» (per l’usanza di distribuire, in questa occasione, le fave ammorbidite in acqua fredda e condite con un pizzico di sale). Domani, sulle note della banda cittadina, in piazza Vittorio Emanuele, cavalli, muli, pecore e altri animali abbelliti con fiocchi e nastri colorati riceveranno accanto ai loro padroni la benedizione dal parroco sul sagrato della chiesa. Il momento religioso apre tutta una serie di gustosi appuntamenti come la trasformazione dimostrativa del latte in prodotti caseari da assaporare ancora caldi come la delicata giuncata, la ricotta e i formaggi. Ma da queste parti non mancano certo piatti tipici con i quali soddisfare il palato. Oltre alla polenta condita con sugo di spuntature e salsicce di maiale e, abbondante formaggio pecorino, sarà servita carne alla brace e il tipico «fallone», pizza di farina di granoturco e acqua cotta alla brace, poi riempita con piccanti «erbe pazze» che le donne raccoglievano, un tempo, nei campi. Tradizioni e consuetudini che sopravvivono ancora oggi, come la cottura del pane e dei dolci tipici nell’antico forno a legna del paese risalente al 1751, l’utilizzo di un antico mulino comunale, l’abitudine delle massaie di portare sulla testa la «scifa» e di apporre le «pizzicate», tipici segni di riconoscimento, sulla massa informe della pasta di pane prima di cuocerlo. Uno dei piatti che più risente della storia di questa popolazione e che risale ai tempi della transumanza sono gli «ndremappi», sfoglie di farina integrale di grano cotte e insaporite con un corposo sugo di aglio, prezzemolo, alici, pomodoro e pecorino locale. Di semplice preparazione sono anche altre gustose paste come i «ciciotti» e i «nfrascati» alle quali si aggiungono genuini condimenti a base di erbe di campo.
Jenne, il cui nome è di origine incerta (o Geenna, forse con riferimento al clima freddo, o Janua, termine latino per indicare una porta), ha legato a lungo la sua storia all’abbazia di Subiaco. Oggi è sede del Parco Regionale dei Monti Simbruini, il più grande del Lazio, ricco di sentieri da percorrere a piedi o in mountain bike e itinerari ben segnalati come quello del valico Serra Sant'Antonio, alla cima del monte Viglio, tra fiumi, boschi e altopiani. Da vedere la grotta dell’Inferniglio, proprio sotto Jenne, una cavità lunga più di 300 metri e ricca di stupende stalagmiti. Per informazioni Pro Loco Jenne Corso Umberto I, telefono 0774.827608 o 340.

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