Antonella Aldrighetti
I cittadini del Lazio lavevano già capito da tempo che la parola chiave presso lassessorato alla Sanità consistesse nellordine perentorio di «tirare la cinghia» su tutto: visite, ricoveri, analisi eccetera. Ciononostante, neanche i più pessimisti avrebbero mai potuto immaginare che la copertura regionale per le spese sanitarie considerate straordinarie, potesse essere così «stretta» da mettere a rischio perfino i servizi essenziali destinati ai malati cronici.
E invece i primi a farne le spese, per la penuria di risorse sanitarie impiegate dalla giunta Marrazzo, sono proprio loro: i malati cronici; e tra questi, il centinaio di diabetici in cura presso il reparto specialistico del SantEugenio lo sta già sperimentando di persona. Da poco più di dieci giorni ormai, un esame diagnostico che ai profani suona come uno scioglilingua, ossia la misurazione dellemoglobina glicosilata, non è consentito perché «il pregiato e costoso macchinario ospedaliero che viene utilizzato per il controllo glicemico è fuori uso»: lo raccontano gli stessi pazienti dellospedale dellEur in attesa di controllo. Ma una più che fondata conferma arriva anche dai medici dellambulatorio diabetologico. Che però assicurano di aver presentato precisa istanza alla direzione sanitaria che, a sua volta lha girata alla direzione amministrativa, che lha passata alla direzione generale. Una «tiritera» burocratica che non ha prodotto, almeno finora, risultati immediati perché sarebbe dovuta sfociare nella richiesta esplicita, alla regione, di fondi sufficienti per dare mandato ai tecnici addetti alla manutenzione di riparare il macchinario con lurgenza richiesta dallo stato di necessità.
Dinanzi a quello che il pur complicato iter burocratico avrebbe dovuto garantire, però, il risultato ancora non si è visto. E pensare che lambulatorio di Diabetologia del SantEugenio vanta una tradizione cinquantennale e deccellenza. Ma forse non abbastanza. Perché il test dellemoglobina glicosilata (ovvero la media della misurazione del glucosio nel sangue per un ciclo di sessanta giorni di terapia) non è più possibile farlo allinterno dellospedale. Alcuni malati sono costretti a rinunciare, altri cercano di farlo in strutture esterne. Ma un diabetico non può esimersi dal valutare il proprio controllo glicemico e, al contempo, lo specialista che ce lha in cura, non può esimersi dal prescrivergli lesame. Per cui il paziente ha solo un modo di bypassare il disservizio: prescrizione medica in mano, deve preoccuparsi di prenotare lesame diagnostico in una struttura ospedaliera o ambulatoriale che fornisce la prestazione.
E qui si ricomincia a incappare in quello che è lennesimo incidente di percorso. Ammesso che si riesca, grazie a circostanze fortunate, a prenotare lesame telefonicamente, si deve comunque attendere altri giorni prima di raggiungere il risultato agognato: avere in mano il responso della diagnosi. La lista dattesa infatti si aggira intorno ai venti giorni, quando va bene: cioè quando si ha la possibilità di raggiungere strutture anche lontane da casa propria. In caso diverso si allunga fino ai quaranta. E in questo caso, davvero, lodissea delle liste dattesa dovrebbe essere evitata con un po di buona volontà.
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