Santo Spirito in Sassia: In mostra l’oscuro universo dei macchinari per supplizi e torture

La spada della morte (o della giustizia) e la maschera del boia. C’è anche questo alla mostra-mercato «Antiquari nella Roma Rinascimentale», al S.Spirito in Sassia fino a oggi (www.antiquarinellarimarinascimentale.com). Come spiega l’antiquario Ivan Cassani, di Milano, presente alla mostra, che espone anche armature del XV, XVI e XVII secolo, dipinti, altra oggettistica di alta epoca e strumenti di tortura, «la spada della giustizia, in acciaio, della seconda metà del XVIII secolo (Germania, 115 cm per 97 di lama), ha tre fori sulla punta per fissare due pesi in piombo e aumentare la spinta del taglio della testa dei condannati. Veniva impugnata dal boia con due mani, di solito era lunga, larga e priva di punta, a sezione lenticolare, molto sottile per facilitare la decapitazione con colpo solo, era in uso soprattutto in area tedesca». Diversi esemplari di solito mostravano incisi la ruota del supplizio e il patibolo. E l’inserimento del nome di Gesù, al di sotto della ruota del supplizio, può spiegarsi come un’invocazione alla pietà, o quale affermazione della colpa come peccato contro le leggi divine. «Il carnefice - spiega ancora Cassani - indossava una maschera di velluto e, specie in area tedesca, ne portava una in lamina di ferro. La maschera del boia presente alla mostra Antiquari nella Roma Rinascimentale, della Germania meridionale, è a cavallo tra il XVII e XVIII secolo, contornata da forellini perché montata su un panno rosso, per confondere eventuali schizzi di sangue». Nei giorni scorsi la mostra era stata al centro della cronaca per il furto di una statuetta in bronzo dell’etnia Ashanti Ghana. Emilio Giani, collezionista di «Spiriti Africani», dopo il furto del raro pezzo della collezione, che risale al 1800 e vale almeno 15mila euro (dimensioni 24 cm x 15, per 450 grammi di peso), ha rispolverato libri e appunti, risalendo alla storia della statuetta nera.

«Non solo quest’opera è legata a un rito di magia nera di una tribù africana, ma il metallo con cui è stata realizzata - spiega - proviene dalla fusione delle monete di scambio per acquistare gli schiavi nel 1600 - 1700, ed è denso di sofferenza».

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