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Santoro demolisce Milano per smontare il centrodestra

Processo al sindaco Moratti fra ipotetiche speculazioni edilizie e infiltrazioni mafiose. Di Pietro evoca una nuova Tangentopoli. Travaglio attacca il premier. Moratti: inaccettabile, non è qui a difendersi

Santoro demolisce Milano per smontare il centrodestra

Milano Ci voleva coraggio a offrirsi alle telecamere come succulento bocconcino per le fauci spalancate di Michele Santoro e Antonio Di Pietro. Letizia Moratti, lady di ferro in sorrisino di velluto, è arrivata ad Annozero per parlare di Expo 2015, scortata dall’amministratore delegato della società, l’ex ministro Lucio Stanca, e si è trovata nel bel mezzo di un attacco a Milano. Obiettivo finale il Pdl, il centrodestra e Silvio Berlusconi.
’Ndrangheta, costruttori, Alitalia, i conflitti d’interesse della presidente di Assolombarda, Diana Bracco, i terreni e i debiti del gruppo Pirelli, Ligresti e Zunino, fino allo sciopero dei lavoratori Mediaset, non viene risparmiato nulla di ciò che può essere utile alla causa. Nemmeno un fuori tema come la vicenda di Noemi Letizia riassunta da Marco Travaglio. Moratti difende il premier: «Sono inaccettabili questi attacchi a chi non è presente. Travaglio ha avuto diffide ed è stato condannato. Gli italiani non sono così stupidi da ascoltarlo».
Ma è solo l’inizio, anche perché già il titolo era tutto un programma. «Milano da mangiare», allusione ammiccante alla Milano da bere anni Ottanta, alla fiducia nelle magnifiche e progressive sorti sotto la Madonnina stroncate dall’esplosione di Mani Pulite. Se anche qualcuno fosse riuscito a non pensarci, ecco la faccia di Antonio Di Pietro a proiettare i fantasmi del passato. La prima a parlare è Milly Moratti, moglie di Massimo, cognata del sindaco e consigliere comunale d’opposizione, che porta la battaglia direttamente in famiglia: «A costruire sono le persone di tangentopoli, che hanno mantenuto contatti. Non si può fare a meno degli uffici comunali per fare queste porcherie. Gli uffici comunali sono colpevoli». Scoppia una specie di lite domestica. Si scatena Letizia Moratti: «Milly Moratti ha corso nella lista Ferrante e il dottor Ferrante lavora per il dottor Ligresti. C’è qualcosa che non funziona».
Il carico da novanta arriva da Antonio Di Pietro. Fa i complimenti al sindaco ma dipinge un quadro fosco da fare paura: «Expo è una cosa bella sul piano ideale. Che c’azzecca coi palazzinari? Perché fare venticinque progetti affidati ai soliti noti, già passati sotto la prima Tangentopoli e anche ai servizi sociali? Stanno ancora lì con gli stessi metodi clientelari. Fino a quando le persone condannate continuano ad avere commesse e appalti, non cambierà mai niente». Scatta l’allarme preventivo criminalità organizzata: «La ’ndrangheta si sta già occupando dell’Expo per spartirsi i grandi affari pubblici».
La voce della Moratti illustra i grafici e mostra le aree verdi: «Milano è la città meno costruita d’Europa, meno di Londra, Barcellona e molte altre. Guardate i nostri parchi...». Ma la sceneggiatura del film di Santoro è scritta intorno a speculazioni edilizie, costruttori cattivi e cementificatori, malavita organizzata che si sfrega le mani in attesa di spartirsi il bottino. Immagini da «Mani sulla città» che è la Milano Expo 2015, l’Esposizione universale che verrà. Si parla di progetti, affari, inchieste, metropolitane, soldi che non si sa se «ci sono». Il governo ha confermato gli stanziamenti al Tavolo Lombardia di ieri ma l’opposizione, rappresentata in studio da Pierluigi Bersani, insiste nel dire di no, che i conti non tornano.
Moratti vola alto e cerca di insistere sui contenuti. «Nutrire il pianeta. Energia per la vita» è il titolo della manifestazione dedicata ad alimentazione e fame del mondo. Racconta che i 480 progetti di quella che un tempo si chiamava cooperazione internazionale sono partiti, lei è corsa dall’Africa all’Asia ai Caraibi per mantenere promesse e dare credito a chi ne ha bisogno. Il sindaco sussurra che l’Expo è «volano anticrisi, progetto culturale, scientifico, economico, di relazioni internazionali». Parla della Mongolia, scorrono le immagini dei micro-orti in Senegal, ma il tema non appassiona il conduttore, che sopporta qualche minuto per cortesia prima di cambiare argomento e tornare a caccia di gossip edilizio-finanziari.
Stanca tenta di parlare dei progetti: «Expo è la vetrina del nostro Paese. Tutte le opere sono state confermate. Dobbiamo decidere che cosa resterà del sito». Ma nemmeno questo argomento è ghiotto. Di Pietro riprende la parola e comincia a urlare contro i lottizzatori, si avventura fino a chiedere di eliminare il lodo Alfano. Il sindaco spiega che Milano ha preso il premio per la trasparenza degli appalti: «Ho segnalato 400 imprese sospette alla procura». Attacca Di Pietro con furia leonina: «Quando era ministro la legge per mettere in sicurezza gli appalti lei non l’ha fatta. Non l’ha fatta. Non l’ha fatta. Non l’ha fatta». Ma Santoro, rapido, cambia argomento.

Segue intervista a un pentito della ’ndrangheta.

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