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Santoro lascia la Rai: Annozero addio

Accordo consensuale con l’azienda: il conduttore avrà un rapporto di collaborazione nel prossimo biennio. Buonuscita da 2 milioni

Santoro lascia la Rai: Annozero addio

Annozero è arrivato all’ultima stagione. Michele Santoro lascia la Rai. Ma solo come dipendente. Viale Mazzini continuerà ad avvalersi per almeno due anni dei «nuovi progetti editoriali» del tribuno dell’antiberlusconismo televisivo che diventerà un collaboratore esterno. Come Bruno Vespa.

Il consiglio di amministrazione della tv pubblica ieri ha approvato con sette voti a favore e due astenuti (l’udc De Laurentiis e Petroni in quota Tesoro) un accordo quadro con Santoro per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro dipendente. La proposta è stata presentata direttamente dal direttore generale, Mauro Masi, che ha trattato in prima persona.

Già da qualche tempo nei corridoi Rai circolavano le voci di un abbandono di «Michele Chi?». L’interesse per il canale satellitare dalemiano Redtv e le indiscrezioni circa un possibile ingresso - a vario titolo - nella compagine del Manifesto, il quotidiano comunista perennemente in crisi, avevano rafforzato le ipotesi di un nuovo ruolo per l’inventore del «teleprocesso». E ieri pomeriggio i rumors del settimo piano di Viale Mazzini anticipavano la possibilità che quelle dimissioni, più volte minacciate, fossero all’ordine del giorno.

La realtà è stata un po’ diversa. Non di rinuncia si è trattato, ma di accordo consensuale da attuarsi «attraverso contratti applicativi che saranno messi a punto nei prossimi giorni». I temi da discutere non sono pochi. In primo luogo, la liquidazione. Michele Santoro ha la qualifica di direttore e il suo contratto si aggira, più o meno ufficiosamente, sui 700mila euro annui. La «buonuscita», secondo quanto si apprende, non dovrebbe essere inferiore a tre anni di stipendio e quindi superare i 2 milioni di euro. Di qui l’astensione di Petroni, rappresentante dell’austerity tremontiana in cda.

Il secondo punto da definire è la realizzazione dei «nuovi progetti editoriali» e la sperimentazione di «nuovi generi televisivi» nei prossimi due anni. In pratica, la tv di Stato si impegnerà ad acquistare le famigerate docu-fiction santoriane, un mix tra Report e Beautiful, ovviamente a tesi. L’anchorman ieri non ha rilasciato dichiarazioni, spiegherà tutto dopo la firma degli accordi. Annozero andrà in onda fino al 10 giugno come previsto. I «documentari», invece, dovrebbero approdare su Raitre. Un indizio è costituito dalle «dichiarazioni d’amore» a Santoro del direttore Antonio Di Bella.

Lo spazio per i retroscena, perciò, è minimo. Il giornalista è un esperto uomo di tv: anche se il format è sempre stato lo stesso, i suoi programmi cambiano nome periodicamente per dare un’idea di novità (Samarcanda, Sciuscià, ecc.). Tre anni senza appuntamenti elettorali rendono i «tribunali mediatici» più noiosi e poi il momento per uscire è quello giusto considerate le istruttorie (e le possibili multe) pendenti all’Agcom. Inoltre Michele Santoro avrà le mani libere sia per gestire, ove decidesse, la sua piccola «Telesogno» con Redtv e Manifesto, sia per ributtarsi nell’agone politico vista la carenza di leader veri a sinistra. Ambizione, quest’ultima, che i suoi critici (di governo ma in misura maggiore di opposizione) gli rinfacciano.

Il vero problema è un altro e non sta nei peana innalzati dai colleghi «sinistri» Gad Lerner e Lucia Annunziata. La fine di Annozero crea un pericoloso buco di audience il giovedì sera per la Raidue del direttore Massimo Liofredi. A Viale Mazzini i candidati alla successione di area centrodestra sono già pronti a chiedergli conto della dichiarazione di due mesi orsono. «Raidue è Santoro, Monica Setta e la musica», disse. Ora una delle tre colonne, per altro la meno gradita, è crollata. Certo, il palinsesto 2010-2011 per il giovedì sera sul secondo canale prevede ancora il talk show di approfondimento, ma il nome di Santoro non era stato ancora messo nero su bianco.

Comunque Liofredi ha degli argomenti a favore: l’aver retto alla concorrenza pur rinunciando a Champions League, film e fiction per sostenere la traballante Raiuno del finiano Mazza.

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