Suono e Nicola Manzi apre la porta della Fondazione Craxi. «Nicola!», dico e gli stringo con affetto la mano. Dio quanti ricordi. Non lo incontravo da quando aveva seguito Bettino in Tunisia, dieci anni fa. «Lieto di rivederla», dice l'autista più galantuomo della prima Repubblica. Mi fa entrare e alle sue spalle fa capolino Stefania Craxi, il nerbo della Fondazione.
«Non mi aspettavo Nicola qui con lei», dico.
«Non è Nicola che sta con me. Sono io che sto con Nicola», dice Stefania che parla per sentenze come il padre e guarda Nicola con gratitudine. Ha i capelli biondi raccolti, il piglio del manager e il viso sempre sull'orlo di qualche emozione. Mi mostra i due appartamenti della Fondazione e la sala della biblioteca di Craxi. «Sono i libri che aveva a Milano, che poi sono andati a Hammamet e ora sono qui», dice. Indica una ventina di faldoni allineati, con settemila documenti catalogati. «La storia di mio padre» e sorride commossa. Si accende una sigaretta e le tremano le dita, e non per timore di Sirchia.
«Ho lasciato nelle mani di mio marito il lavoro di produttrice tv. Io mi dedico alla Fondazione e ai tre figli», dice nel suo studio tra foto e quadri del padre. In bilico su un mobile, uno di quei vasi tunisini a forma di anguria che Bettino negli ultimi tempi pennellava di strisce verdi, bianche e rosse.
«A che serve la Fondazione?», chiedo.
«Mi sono chiesta se si potesse rimettere insieme la diaspora del Psi, dopo i trasformismi e le viltà della sua classe dirigente», dice.
«E ha concluso?».
«Che non c'è diaspora. Anche se ci rimettessimo insieme, saremmo una sigletta vuota, perché il Psi era Craxi. Senza, non c'è nulla. E poi Bettino avrebbe guardato avanti», dice. Sembra lì lì per piangere. Succederà spesso durante l'intervista. Però non piange mai.
«Perché lo chiama Bettino?».
«Bettino o Craxi. Mi aiuta a controllare l'emotività».
«Lei come guarda avanti?».
«Sono nati dei Circoli Bettino Craxi spontanei. Qualcuno mi telefona e chiede: Possiamo dedicarne uno a suo padre?. Sono ormai una settantina. Io, con la Fondazione, gli ho poi affiancato altri circoli che ho chiamato Giovane Italia, intestati anche a politici diversi, come Giovanni Spadolini».
«Sta diventando un capo partito?», mi incuriosisco, non avendone sentito parlare prima.
«Primo convegno, 30 giugno».
«Per chi vota da quando suo padre lasciò l'Italia?».
«Sempre Cdl. Talvolta non ho votato, se non mi piaceva il candidato».
«A chi ha rifiutato il voto?», dico.
«Capitò a Orbetello, dove sono residente...».
«Capalbio dove sta Occhetto o Ansedonia dov'è Amato?», sfotto.
«Proprio Orbetello. Sono orbetellana e ci tengo. Quella volta avevo due scelte, Mugnai di An e Amato. Stavo, la morte nel cuore, per dare il voto a Amato quando lessi che si era alleato con Rutelli nell'Ulivo. Così, niente Amato e neanche il candidato di An».
«Ha pregiudizi verso la destra destra?», chiedo.
«No. Ho votato per il sindaco An di Orbetello che stimo. Trovo a destra grande rispetto per mio padre. Anche per me. Credo perché gli ricordo Edda Ciano che aveva un forte orgoglio familiare». Stefania parla a mulinello. Ho però l'impressione che stiamo girando in tondo. Qualcosa non viene fuori. Accelero e stringo.
Pare sia scoppiato un suo amore per la Cdl.
«Gli amori mi sono scoppiati solo coi miei due mariti».
Giù la maschera, Stefania: si candida con Forza Italia nel 2006?
«Sì, sono pronta. Do il mio contributo alla Cdl contro questa sinistra, la peggiore della storia. A questi riformisti che non vogliono riformare niente».
Ma due anni fa si lasciò corteggiare da D'Alema.
«È vero, mi lascio corteggiare. Ma sono una femmina. D'Alema lo imbrogliai. Andai a un loro dibattito. Pensavano che avrei parlato di Craxi, invece attaccai Prodi. Dissi: Berlusconi non sarà Giolitti, ma a qui non vedo nessun Turati».
Disse no alla sinistra.
«Mai avuto dubbi da dove condurre una battaglia di libertà. Non mi sento conservatrice. Quindi non sto con Prodi».
Si disse che D'Alema sarebbe andato sulla tomba di Craxi.
«Ho invitato tutti a farlo. Finora, ci sono andati solo uomini del centrodestra. Rifiuto omaggi ipocriti. Voglio la verità su Craxi, soprattutto dalla sinistra. Non è una visita che chiedo, non se la cavano con così poco».
Potrebbe mai schierarsi coi Rutelli, gli Occhetto, i Di Pietro che hanno voluto la rovina di suo padre?
«Neanche mi pongo il problema».
Bobo, suo fratello, sembra però pronto al salto della quaglia.
«La considero una tragedia politica e anche familiare. Trovo pure vergognoso che la sinistra, responsabile della fine di Craxi, provi ad avvantaggiarsi con un'usurpazione».
Romperà con Bobo?
«Le strade dell'affetto trovano, per fortuna, altri percorsi».
Dicono che lei sia più intelligente e ferma di lui.
«Ognuno fa quello che può. Sarei un'ottima massone: mi piace mettere un mattone sull'altro. E ho convinzioni profonde. Spero solo che nessuno di noi due tolga nulla alla figura di Craxi».
Ha fama di appassionata, ma anche calcolatrice. In che mi sta strumentalizzando?
«Solo perché con l'intervista si conosca la mia decisione di schierarmi, prima della riunione dei circoli il 30 giugno. Non sono né calcolatrice, né ambiziosa. Sono guidata dall'istinto e voglio che la figura di mio padre torni al suo posto nella storia di questo Paese».
Partito unico del centrodestra?
«Ci conto. C'è bisogno di veri partiti».
Che pensa del Nuovo Psi di Bobo e De Michelis?
«Non si affronta il futuro mettendo in piedi strutture nostalgiche».
Dello Sdi di Boselli, alleato dell'Ulivo?
«Quando loro pronunciano il nome di Craxi, provo vergogna. Un socialista non può sedere accanto a Di Pietro, non può riconoscere leader un cattolico dossettiano come Prodi che si caratterizza per avere svenduto aziende di Stato e costruito l'Europa delle banche e delle burocrazie».
Si dice: un socialista non può che stare con la sinistra.
«Frase retorica, senza contatto con la realtà italiana. Tutti dicono: Se fossimo in Inghilterra, staremmo con Blair. Nessuno si chiede dove starebbe Blair se fosse in Italia».
Anche il probo Intini è passato con chi brindò alla fine di Craxi.
«Perché lo chiama probo? Intini non sapeva come si finanziavano le elezioni e l'Avanti! che dirigeva? Lo ignoravano Amato e Del Turco? Ci sono socialisti che hanno perso il lavoro, l'onore, la vita, prima di essere assolti. E qui c'è il probo Intini? Posso almeno non crederci?».
Implacabile.
«Ho scritto un libro sulle donne di Tangentopoli, Nella buona e cattiva sorte. Su mogli, madri, figlie distrutte. Gli abbandoni, i terribili costi umani».
Claudio Martelli è passato alla tv. Rimpiange il politico?
«Una persona di cui preferisco non parlare. Sui dirigenti psi do un giudizio politico negativo, ma sul piano umano faccio differenze di classifica. Martelli sta in coda a questa classifica».
A Luca Iosi, che fu vicino a suo padre nella disgrazia, lei non rivolge più la parola. Ingrata?
«Non gli parlo perché non lo incontro. Ma verso Luca ho affetto. Nei momenti difficili, lui c'era. Poi ha fatto il produttore tv e ha litigato con mio marito. Non mi intrometto nelle liti tra uomini. Ma gli voglio bene. L'ingratitudine non è da me».
È stata a cena con Ania Pieroni, amante di suo padre. Sua mamma come l'ha presa?
«È un pezzo di vita di mio padre. Nei lunghi matrimoni, succede. È stato un rapporto di affetto che nulla ha tolto a quello di una vita. Ho fatto pace anche con quella parte dell'esistenza di mio padre».
Che sentimenti ha verso Borrelli e le altre toghe che impedirono a Craxi di curarsi in Italia?
«Non mi lascio prendere dai rancori. Se no, sarebbero giganteschi. Mi limito alla battaglia per migliorare la giustizia. La storia darà a Craxi l'onore che gli spetta. Ma questi signori che hanno fatto?».
Il Cav è stato trattato peggio di suo padre?
«I nemici sono gli stessi: le procure che hanno speso miliardi per ricontrollare i conti Fininvest; la Confindustria tornata in mano ai grandi parassiti; i Ds; i cattolici integralisti».
Che rapporti tra Craxi e il Cav? Bobo minimizza sempre.
«Mio padre lo sostenne molto. Per due motivi: gli piaceva chi si fa da solo; voleva spezzare il monopolio Rai per dare libertà. Tra le nostre famiglie c'è affetto. Mia mamma e io amiamo molto Veronica e le sue figlie. Vero che, negli anni difficili, Craxi si è sentito abbandonato da Berlusconi, impegnato in Italia. Ma ho poi visto per mio padre tante lacrime di coccodrillo. Non quelle di Berlusconi, che erano sincere».
Il Cav è davvero il padrone di sei tv?
«Quando dice di essere un editore liberale, è vero. Vedo le sue tv dargli disinvoltamente addosso. Prenda Zelig. Possibile che non ci sia un comico che imiti Prodi? Tutti, Berlusconi. Ha tolto Biagi dalla Rai? Io considero Biagi un pessimo giornalista. Ci avrei messo Ostellino».
Suo padre volle il referendum contro il nucleare.
«Lo convinse Martelli. Fu un tragico errore».
Fu il suo più grande errore?
«L'errore più grande fu non capire di che pasta erano fatti i comunisti. Illudersi che sarebbero cambiati e portarli nell'Internazionale socialista».
Di che pasta sono?
«Hanno nel Dna la violenza contro gli avversari e la doppia verità».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.