Alla Scala il fascino trasgressivo di Manon

Grande parata di stelle, da giovedì alla Scala. Arriva infatti L'histoire de Manon, il balletto, su musiche di Jules Massenet, creato dal coreografo scozzese Kenneth Mac Millan, nel 1974 (fino all’11 febbraio, info 02.72003744, www.teatroallascala.org). In testa, la stessa Manon affidata a Sylvie Guillem, ballerina francese che a diciannove anni veniva promossa étoile dell'Opera di Parigi da Rudolf Nureyev in persona. Assieme a lei, nei panni dell'innamorato Des Grieux, Massimo Murru che a febbraio cede però le consegne al divo scaligero, Roberto Bolle. Così come la Guillem si alternerà con una delle stelle del Kirov di San Pietroburgo, Olesia Novikova. Per alcune recite, Thiago Soares, brasiliano, sarà Lescaut.
Manon è la donna che rinuncia alla passione per il giovane e aitante Des Grieux, preferendogli i gioielli del vecchio Monsieur M.G. Varie burrasche e poi la deportazione nella Louisiana. Si ripete la stessa storia, sempre per denaro, Manon si concede al carceriere. Des Griex, che l'ha seguita fingendosi il marito, uccide il carceriere guadagnandosi, però, la dichiarazione d'amore di una Manon morente.
Ci sono Manon oggi? La Guillem dice di no. «Ci sono affinità, ma in Manon tutto è fatto con l'eleganza del pensiero». Sarà. E paragona Manon a Carmen, semmai. «Entrambe sono giovani e libere, non pensano alle conseguenze di quello che fanno. Non vogliono seguire le regole, e non ci trovano niente di male nel farlo». Lo dice una Guillem tutto pepe proprio prima di infiammare la Sala Gialla del Piermarini, dove ieri è stata presentata l'attesa produzione assente da sei anni. E' lì che freme la Guillem, vuole liberarsi del rospo che trattiene dall'ultima volta che mise piede alla Scala. «Sono disperata. Tutti lo pensano, ma nessuno lo dice». Cosa? Che alla Scala vi sono «ingegneri e burocrati che stanno chiusi negli uffici rendendo la vita difficile a noi artisti. Questi non sanno come funziona un teatro». Ed entra nel dettaglio. «Qui ci sono solo due sale di prova, non ci sono camerini a sufficienza, bisogna muoversi prendendo un ascensore, sperando che funzioni». Bizze artistiche, insomma. Il direttore del Corpo di Ballo, Makhar Vaziev, gela su quella poltrona, seduto accanto alla star. Poi, invitato a chiarire, getta acqua sul fuoco. «Io lavoro qui da due anni: per me la cosa più importante in assoluto è la qualità del prodotto che si offre. Penso che ogni tetro abbia problemi di questo genere ma pian piano le cose si risolvono».
Chiuso il siparietto si parla di Manon. «Ho ballato tante volte questo personaggio. Nel frattempo si è evoluto, anzitutto perché ho fatto diverse esperienze legate al teatro e certo sono servite per affrontare Manon». Il pensiero vola alla collaborazione con Robert Lepage: «è un uomo di teatro eccezionale». La Guillem è felice di tornare a lavorare con Murru. «Ogni volta che balliamo insieme parliamo della stessa cosa - dice -. Scelgo i miei partner se c'è questa sintonia. non mi piace andare in palcoscenico come una bambola, io voglio un cuore, un'intelligenza, una reattività: e con Murru ho trovato tutto questo. Soprattutto in Manon, il movimento deve essere sì bello e elegante, ma bisogna badare molto al senso del teatro».


Attestato di stima ricambiato da Murru che poi ricorda «De Griex è stato il mio primo grande personaggio, quello con cui ho debuttato. Ero un adolescente, incosciente. Certo, sono ancora consapevole che con Manon è come scalare una montagna, ma ora lo faccio un'altra consapevolezza. All'inizio, uno si butta col paracadute e va».

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