«Per scalare Antonveneta finanziai Ricucci con operazioni inventate»

L’ex leader della Lodi racconta i retroscena dell’alleanza con l’immobiliarista romano

Claudia Passa

da Roma

«Dopo la cena al ristorante (...) io e Gnutti ci siamo visti di persona a Brescia un paio di volte, e abbiamo definito meglio i termini del progetto relativo all’Antonveneta». È il 10 ottobre, e Gianpiero Fiorani ricostruisce ai pm di Milano, in un interrogatorio trasmesso alla Procura di Roma, la genesi della «scalata» fatale. «Ci siamo incontrati tra ottobre e novembre 2004. Io inizialmente avevo anche proposto di verificare la perseguibilità di un’acquisizione che avrebbe coinvolto anche Abn Amro, parlavo di una possibile alleanza». L’idea, però, «fu subito bocciata da Gnutti che, per quello che era avvenuto in Antonveneta, era in rotta con Abn Amro». Perciò «io e Gnutti pensammo di individuare» soggetti che «avrebbero potuto acquistare azioni Antonveneta» perché «finissero in mani amiche».
Il progetto va avanti. «Gnutti - dice Fiorani - ne ha condiviso con me tutta l’evoluzione». La «svolta» (la rottura con gli olandesi) «la colloco a seguito di un incontro col capo di Abn Amro, Groenik, a Lodi, l’8 marzo 2005. Da questo momento in poi l’obiettivo sarebbe stato quello di ottenere da Bankitalia l’autorizzazione a salire al 29,9% e di poter contare su altri azionisti, la cui quota avrebbe consentito di superare la maggioranza e quindi far fallire» il progetto di Abn Amro. «L’idea di salire al 30% come partecipazione Bpl - continua Fiorani - è successiva al 25 marzo. Prima di questa data l’idea era di fare un patto che avrebbe raggruppato azionisti (bresciani ed altri) che avrebbero portato quote fino a un massimo complessivo del 30%, ma di poter contare anche su altri soci di Antonveneta amici della Lodi». I quali, «pur essendo di fatto nel patto, non dovevano entrarvi formalmente» pena l’obbligo di lanciare l’Opa. Dopo il 25 marzo arriva l’idea di una Ops, dunque la richiesta di salire al 29,9%. «Prima dell’assemblea di Antonveneta, l’idea comunque era ancora quella di perseguire degli accordi non formalizzati con i soggetti amici di Bpl».
Gnutti - racconta Fiorani - «era nel patto occulto. (...) Le azioni le aveva riacquistate sul mercato da controparti da noi segnalate con operazioni in cui le offerte di vendita e di acquisto venivano “matchate”. (...)». Quanto a Ricucci, «ha inizialmente acquistato azioni Antonveneta con un finanziamento ricevuto da Garlsson Real Estate Sa sul conto Bpl Suisse con fideiussione Bpl casa madre - dice il banchiere -. In un incontro tra me e Ricucci, quest’ultimo aveva già una partecipazione in Bnl da noi finanziata; si parlò dell’opportunità dell’investimento» in Antonveneta «che era banca, come Bnl, contendibile». Ecco il piano: «Garlsson era società all’epoca non consolidata nel Gruppo, avrebbe aperto un conto presso Bpl Suisse; poiché Bpl Suisse non poteva erogare il finanziamento (...) richiesto, interveniva casa madre con una fideiussione». Lo scopo era acquistare azioni Antonveneta, «ma la fideiussione veniva rilasciata per un’operazione immobiliare praticamente inventata». Al comitato esecutivo che deliberava la fideiussione, Fiorani disse «che questa veniva rilasciata per un’operazione immobiliare di un gruppo di imprenditori ticinesi», ma sapeva «perfettamente» che non era così.

Garlsson «non era riferibile per tabulas al Gruppo Ricucci», né «io feci presente tale riferibilità» al comitato; questo - spiega Fiorani - «ci consentì di non inserire il finanziamento erogato da Bpl nell’area di rischio del Gruppo Ricucci».

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