Sto meditando sullultima parola del Faust, hinan, quando mi giunge fresco di stampa lultimo libro di Francesco Tomatis, Filosofia della montagna (Bompiani, pagg. 222, euro 8). Hinan mi faceva già pensare alla montagna, perché è una strana parola: nella prima metà, hin, esprime allontanamento, nella seconda, an, avvicinamento. Ora, andando in montagna ci si allontana (dalle «bassezze» del piano) e ci si avvicina a qualcosa: ma a che cosa, a Dio? A Dio si avvicina Mosè sul monte Sinai, ma Tomatis non lo ricorda (lo ricorda nella prefazione Armando Torno). Per quanto pervaso di mistica, Tomatis rimane con i piedi in terra. Ha insegnato nello Studio teologico di Fossano (lo stesso in cui studiò il cardinale Pellegrino) e ora insegna alluniversità di Salerno. Produce moltissimo. Questultimo lavoro, breve ma di una ricchezza impressionante, è uno stimolo a cercare ancor di più sullo stesso argomento.
Per esempio, a proposito di Rainer M. Rilke, a pagina 33 Tomatis cita unelegia duinese, in cui il poeta si augura di trovare, tra fiume e roccia, «una striscia di terra feconda». Nello stesso spirito si potrebbe ricordare altro, in particolare il meraviglioso incipit del terzo Libro dore (1902): «Forse vado tra monti pesanti, come una vena di metallo, solo». Perché il monte non è solo libertà, è anche angoscia. Pensiamo allEtna, in cui si dissolse Empedocle. Il vulcano lascia scorgere, «tra fumi e nubi, ciò che è profondamente interno alla terra» (p. 145).
Eroe eponimo di questa filosofia della montagna può dirsi, ovviamente, Martin Heidegger, rimasto ancorato alla Selva nera. Il suo saggio In cammino verso il linguaggio si trasforma agevolmente, in Tomatis, in un «cammino verso il pensare» (p. 25). E su questo cammino «cala, come una trattenuta parola damore, la notte» (p. 196). Commenta il Tomatis (che già aveva riportato, da Eraclito, «una sola la via, allinsù e allingiù»): «due sono le stelle cadenti, quella che scende e quella che sale al cielo». Di nuovo queste parole ci fanno pensare a Rilke, che da una stella cadente, vista dal ponte di Toledo, trasse la gioia del cadere (delle Elegie duinesi, ma anche del Libro dore) o come «abbandonarsi obbedienti alla gravità», anziché torcersi per ritornare verso lalto o, peggio, per ritornare in vita, come i révenants.
Mi si perdoni, dunque, di ritornare a Goethe, anche se Tomatis non se ne serve, perché il suo libro stimola ad aumentare le citazioni. Anche in Goethe cè una filosofia della montagna (delle cascate, del granito): a tutta prima negativa, perché il luterano vede nella catena alpina, da cui non osa scendere, una barriera contro Roma, cattolica e peccaminosa. Ma già con le seconde Lettere dalla Svizzera il clima cambia: la trasgressione avverrà, col viaggio in Italia. Poi lambivalenza della montagna continua, fino allultima scena del Faust, ambientata in «gole montane» e al tempo stesso in cielo, dove «il femminile ci attira là».
Appunto qui compare quella hinan, il cui ossimoro è così forte che Ladislao Mittner nella sua Storia della letteratura tedesca scrive per sbaglio heran, «in qua». Ma che il lapsus sia solo calami lo si desume dal contesto, perché nessuno più del Mittner insiste sul doppio movimento, nel finale del Faust, tra il moto verso lalto e il moto verso il basso.
La filosofia della montagna di Tomatis ci aiuta a capire luso di hinan; che, infatti, è quasi sempre legato al monte (Berg hinan), mentre heran si associa ai verbi più diversi. Quando si sale, il corpo è più vicino al terreno di quando si cammina sulle «belle strade provinciali» esaltate ironicamente da Nino Costa per linaugurazione di una sede del Cai. E nellarrampicata ci si avvicina alla roccia ancor di più (benché il corpo debba tenersi staccato dalla parete). Pur nel salire verso il cielo, dunque, landare in montagna ci avvicina alla terra. Poi che cosa si trova sulla vetta? Misticamente si trova Dio, ma umanamente troviamo noi stessi. Arrivati in cima, sentiamo in pieno il valore della solitudine (soprattutto se - come mi accadde sulla cima del Gran Paradiso un giorno di ferragosto - accade di essere in 75).
Ometto, per forza, quasi tutto. Ometto un centinaio di citazioni bibliche e tutto il cinese (non legitur).
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.